sabato 19 novembre 2016

MEB a Rieti per spiegare la riforma


Eh sì! E’ proprio bella. Nella sala affollata dei Cordari  distinguo con esattezza le parole di una persona di sesso maschile che guarda estasiata il ministro Maria Elena Boschi appena salita sul palco. La bellezza è un valore e non fa meraviglia, né disturba più di tanto, che sia apprezzata in una giovane donna diventata ministro delle Riforme Istituzionali a soli 33 anni.

Il ministro Boschi è venuta a Rieti per parlare della riforma che porta il suo nome su cui i cittadini, il 4 Dicembre, giorno di S.barbara, dovranno esprimersi col voto. Diranno Sì o No? Lo sapremo solo il 5, visto che la partita è ancora aperta. Il tema della riforma è di sicuro interesse, ma che a farlo sia “ Meb”, come la chiamano i simpatizzanti, aggiunge un tocco di grazia e di curiosità a una materia ostica e appannata da contrapposizioni spesso rabbiose, tipiche di un paese come il nostro, dove la politica assume sovente i caratteri del derby: non interessa tanto il gioco, importa che vinca la propria squadra. Costi quel che costi.

A chi è arrivato all’incontro, per qualsiasi motivo, curiosità o vero interesse, il ministro, con pacatezza priva di enfasi oratoria,  ha presentato le ragioni del Sì.  “ In Europa”, ha ricordato la Boschi, “ rappresentiamo una anomalia. Solo noi abbiamo due camere che fanno le stesse identiche cose”. E che vuol dire in concreto? Vuol dire che una legge,  grazie al sistema della “ navetta”, il passaggio tra Camera e Senato senza limiti temporali, può impiegare anni per essere approvata.

“ Per capire la riforma basta leggere i quesiti riportati sulla scheda elettorale”, è stato il suggerimento del ministro. In realtà la riforma è più corposa di quanto dicano i quesiti riportati sulla scheda. Per chi avesse vogli di leggere tutto, proverò a spiegarli.

1) Superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni. Il Senato della Repubblica sarà composto da 95 membri eletti dai Consigli Regionali (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori), più 5 nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni.  Potrà legiferare  solo su riforme e leggi costituzionali. Inoltre, potrà chiedere alla Camera di modificare le leggi ordinarie. Ma la Camera non sarà tenuta a dar seguito alla richiesta. Se il Senato, poi, chiede alla Camera di modificare una legge che riguarda il rapporto tra Stato e Regioni, l’assemblea di Montecitorio può respingere la richiesta solo a maggioranza assoluta. 
Come saranno eletti i senatori? Nonostante quello che dicono gli oppositori ad eleggerli saranno i cittadini. Quando si voterà per i Consigli regionali gli elettori indicheranno quali consiglieri vogliono anche come senatori. I Consigli, una volta insediati, potranno solo ratificare la scelta. E l’immunità? Quella che continua a chiamarsi immunità, anche se è altro rispetto a quella prevista dai padri costituenti, sarà uguale per deputati e senatori. E quanto guadagneranno i senatori? Nulla di più di quanto percepiscono come consiglieri regionali e come sindaci.

2) Elezione del Presidente della Repubblica. Cosa cambia all’art.83?  L’elezione avverrà a camere unificate, senza i delegati regionali che, con un Senato di fatto “ delle regioni” anche se continuerà a chiamarsi “ della Repubblica”, non hanno più motivo di esserci. Oggi per eleggere il capo dello Stato basta raggiungere al terzo scrutinio la maggioranza assoluta, la metà più uno. Se passerà la riforma, dal quarto al sesto scrutinio basteranno i 3/5 degli aventi diritto e dal settimo i 3/5 dei votanti effettivi. Questo ultimo punto ha dato vita a contestazioni francamente insensate. Pensare che la maggioranza possa eleggersi da sola il presidente, aiutate dall’astensione delle opposizioni, è idea peregrina.

3) Abolizione del Cnel, Consiglio nazionale di economia e lavoro. Istituito nel 1957 al fine di creare un raccordo tra le forze economico-sociali del Paese e le istituzioni politiche, con funzione consultiva e legislativa. In realtà non ha mai funzionato, se non per le nomine politiche di qualcuno a cui bisognava dare una poltrona. Dall'‘86 al 2013 il Cnel aveva elaborato solo altre 12 proposte di legge, spesso fotocopie di altre. In estrema sintesi, un carrozzone. Uno degli enti tanto inutili quanto costosi. Nel 2013 si era abbandonato a spese talmente pazze da finire indagato dalla Corte dei Conti. Quanto si risparmia abolendolo? Circa 20 milioni di euro l’anno. I dipendenti, se la riforma passa, saranno trasferiti dove c’è carenza di personale producendo una doppia utilità: ridurre uno spreco e far funzionare meglio alcuni servizi.

4) Revisione del Titolo V della parte II della Costituzione. Cosa vuol dire? Che sono riportate in capo allo Stato una ventina di materie,  come ambiente, energia, infrastrutture strategiche e sistema nazionale di protezione civile e altre ancora. La Camera potrà approvare leggi anche nei campi di competenza delle Regioni, quando lo richieda la tutela dell’interesse nazionale. A che serve la riforma? A ridurre i contenziosi Stato-Regione e a rendere possibili opere pubbliche altrimenti bloccate, oltre che all’efficienza e al risparmio. Faccio un solo esempio. Oggi ogni Regione ha regole proprie, fa proprie campagne di marketing, tanto costose quanto inefficaci, ha un proprio piano dei trasporti, proprie strategie per gli investimenti. Il risultato è che un paese che potrebbe vivere di solo turismo, aumentando i posti di lavoro e il Pil, non riesce ad essere competitiva con altri paesi. Siamo dietro, e di molto, a Francia, Usa, Spagna e Cina.
 
5) Referendum abrogativo e leggi d’iniziativa popolare. Il quorum utile a  rendere valido il risultato di un referendum abrogativo resta sempre del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto, ma se i cittadini che propongono la consultazione sono 800mila, invece che 500mila, il quorum sarà ridotto: basterà che vada a votare il 50 per cento più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche, non il 50 per cento più uno degli aventi diritto. Per proporre una legge d’iniziativa popolare, poi, non saranno più sufficienti 50mila firme, ma ne serviranno 150mila. Questo dovrebbe spingere il Parlamento a prendere in maggior considerazione le proposte popolari.  Ad essere preoccupati sono i Radicali che chiedono al Governo una legge ordinaria, un Referendum Act, per semplificare la raccolta di firme attraverso il sistema digitale.

6)  Province.  Vengono cancellate dalla Costituzione, atto necessario per abrogarle definitivamente. Da anni si cerca di ridurre l’architettura attraverso l’abolizione dell’ente mutuato dal sistema napoleonico ottocentesco. Non ci si è mai riusciti perché previste dalla Costituzione. Ma perché è necessario abolirle? Perché l’Italia, con il sistema istituzionale elefantiaco che si ritrova è frenata nel suo sviluppo. Tanto più farraginoso è un sistema, tanto più cresce la burocrazia,  la corruzione, l’incapacità ad essere concorrenziale, a realizzare infrastrutture con tempi certi e rapidi, ad uscire dalla crisi che morde l’Italia da anni. Mai come in questo caso si può dire che mors tua, vita mea. Il Paese ha bisogno di vivere: requiescant in pace. 




venerdì 23 settembre 2016

Mogol a Poggio Bustone: un evento storico e solidale

Detesto conversare al telefono e farci le interviste men che meno.  Il mezzo è freddo e mi mancano lo sguardo, la gestualità, la persona nel suo insieme. Ecco perché, dopo una breve chiacchierata al telefono con il grande Mogol,  nato Giulio Rapetti, ma ora Mogol  anche per l’anagrafe, pur ricevendo dal suo staff l’invito a ripetere la telefonata, non l’ho fatta.

Mi limiterò al racconto del breve scambio. “ Pronto, buon giorno, sono la tal dei tali, blogger e giornalista freelance ospitata dal Giornale di Rieti e vorrei intervistarla sulla sua venuta a Poggio Bustone”. Lui. “ Un attimo che abbasso il volume del televisore”. Torna e ripeto quanto sopra con l’aggiunta “ Potrei incontrarla prima dell’evento che si terrà a Poggio Bustone il 24 settembre per raccogliere fondi a favore dei terremotati dei comuni del reatino?”.

“Non so.  Io ora debbo fare qualcosa su Rai1… ma tanto non mi rivedo mai”. “ Ah, sì, la capisco, nemmeno io mi rileggo”. La conversazione, nonostante tutto, si fa interessante. Mogol, uno degli artisti più prolifici e creativi della musica pop italiana, sembra nutrire qualche insicurezza. Ma è psicologia spicciola. E  indebita proiezione. Quindi  chiedo: “ Come mai non si rivede mai? “. “ Perché non mi interessa”.

Io passo oltre: “ Allora, se lei è d’accordo,  se si potrà combinare un incontro per l’intervista, parlerei non dell’autore e coautore di un numero sterminato di testi musicali, né dei suoi problemi con la vedova di Battisti sull’eredità musicale del marito, ché su quello si sa tutto e in fondo è una cosa privata. Mi piacerebbe parlare del Mogol generoso, attento alla solidarietà, al non-profit, alla cultura.  Potrei avere qualche minuto quando verrà a Poggio Bustone?”. “ Sì, verrò per le popolazioni che hanno subito il terremoto. Veda lei come fare”.

E’ possibilista. La cosa migliore mi sembra quella di contattare gli organizzatori. Parlo con l’avvocato Egidio Sabetta, dell’assessorato alla Cultura del Comune di Poggio Bustone.  “ Anche noi abbiamo voluto contribuire alla solidarietà  a favore delle vittime del sisma. Il 24 settembre 2016 ore 21,00,  ci sarà ingresso libero al concerto. L’offerta sarà discrezionale. L’ evento è  storico perché per la prima volta  Mogol sarà sul palco in via ufficiale nel  Paese natale di Battisti. Se verrà forse potrà intervistarlo”.

Invitare Mogol, mi dico, è stata scelta quasi obbligata, ma non solo per il sodalizio che l’autore ebbe con Lucio Battisti. All’artista non si debbono solo meravigliose canzoni, ma anche realizzazioni altamente benefiche.  La Squadra Nazionale Cantanti, nata nel 1981 con scopi umanitari e i cui  proventi hanno destinazione esclusivamente solidale è una sua creatura. Nel  2002 la squadra non profit  fu nominata Ambasciatrice di buona volontà della Fao.

Sempre a Mogol si deve la nascita di una scuola che ha come obiettivo di formare non solo artisti, ma persone. L’attenzione all’etica della comunicazione è al primo posto. E in tempi in cui se ne fa un uso aggressivo, talvolta nefasto,  è obiettivo più che opportuno.

Glielo dico. “ Il Centro Europeo di Toscolano, sì. E’ l’Università della  musica popolare italiana che ho fondato nel 1992 in Umbria. Arrivano ragazzi straordinari da ogni parte d’Italia che hanno come insegnanti gli artisti che ce l’hanno fatta. Per loro è una grande opportunità e di questo sono molto contento”, mi dice l’artista al telefono.

Si sente che è contento di come è cresciuto il prodotto di un progetto che parla della migliore italianità. Ed ha ragione, perché il CET, Centro di Eccellenza Universitario della musica Popolare, è stato riconosciuto come  Centro di Interesse Pubblico dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per la sua unicità a livello nazionale, ed è Centro di Eccellenza Universitario della Musica Popolare.

Ci lasciamo con un accordo sfumato e senza perimetri esatti. Esco dalla telefonata con l’eccitazione di una adolescente. Parlare, anche se per poco, con l’autore di canzoni che mi hanno fatto provare immense emozioni è stato inebriante. Una scossa alla imperturbabilità a cui costringe un presente carico di fatti tragici come il sisma per cui è nato l’evento del 24 Settembre.




giovedì 4 agosto 2016

Titolo: Se Raggi unisce i sindaci

Chi lo sa se alla fine non si dovrà ringraziare la sindaca Virginia Raggi per aver prodotto un’insolita unità tra i sindaci del territorio sabino, domani in protesta nella Piana di san Vittorino, comune di Cittaducale, là dove le acque limpide e possenti delle sorgenti del fiume Peschiera s’infilano addomesticate da complessi meccanismi nelle tubature che le portano a Roma. Destino condiviso dalle altre sorgenti sabine, quelle delle Capore, comune di Casa Prota,  che ai romani forniscono acqua ed energia elettrica.

E chi lo sa quando avrà fine il lungo e accidentato contenzioso tra Ato3, organo provinciale a cui spetta la gestione del sistema idrico sabino e Ato 2, sostanzialmente Acea Spa, ovvero Comune di Roma e soci privati, il principale dei quali è il potente Caltagirone. Ragione della protesta è sempre quella di cui da anni siamo costretti ad occuparci: il “ ristoro”, ovvero indennizzo, dovuto alla Sabina per lo sfruttamento che Acea fa delle sue acque.  Un “ ristoro” mai corrisposto anche quando è stato deliberato da chi di dovere, la Regione Lazio, nel 2006.

Una vicenda senza pace quella della gestione di uno dei più grandi sistemi acquedottistici d’Europa. Pace che in uno stato di diritto dovrebbe derivare dall’applicazione del diritto, per l’appunto. Ma in questo strano paese che è l’Italia il diritto, esercitato da soggetti istituzionali, burocratici  e tribunalizi di varia natura, spesso finisce per fare l’interesse del più forte e del più prepotente.
E non fa eccezione la sindaca Raggi, paladina dell’acqua bene comune. Bene da sottrarre al mercato, per carità. Ad appena un mese dalla investitura, la prima cittadina, infatti, è  ricorsa al Tar per stoppare l’ultima delibera della Regione Lazio governata da Zingaretti . Una delibera che sembrava aver finalmente trovato un compromesso tra gli interessi dei diversi soggetti interessati alla  questione dell’utilizzo dell’acqua del Peschiera-Le Capore.

Ora, lasciamo perdere la contraddizione interna al M5S laziale, diviso tra le critiche sollevate dai Grilli “gridanti” ( a suon di maiuscole) reatini dopo l’annuncio della  delibera di Zingaretti  e la decisione di fermarla ricorrendo al Tar da parte della sindaca di Roma. Dopo l’annuncio della convenzione, infatti, i grillini reatini l’hanno definita “ emblematica” della scarsa considerazione in cui è tenuta la Sabina da parte della Regione Lazio. La nuova convenzione, infatti, ha stabilito un ristoro inferiore a quello deciso da quella precedente, del 2006, di 79 milioni di euro. Soldi mai arrivati.

Quello che oggi conta è che i 73 sindaci del territorio più frastagliato e diviso, non solo geograficamente, finalmente si uniscano per dire a Roma che la misura è colma e che la Sabina non svolge la gratuita funzione di servizio idrico della Capitale. Una Capitale che usa la sua acqua senza risparmio, privato e pubblico, considerando la quantità di fontane che l’abbelliscono grazie alle sorgenti delle montagne generose dell’Appennino reatino.

La sindaca della Capitale non vuole alienarsi la simpatia degli elettori aumentando le tariffe delle bollette che il “ ristoro” comporterebbe? Problema suo. Forse basterebbe chiedere ai romani di ridurre lo spreco dell’acqua e ad Acea di ridurre quello della gestione per evitarlo.  Se lo slogan “acqua bene comune” viene usato solo come retorica elettorale a lungo andare si mostra per quello che è: impostura e puro mezzo per acchiappare voti a sinistra, come con altri si acchiappano a destra con altre furberie.

Dall’acqua della Sabina, Acea, Spa pubblica e privata,  trae profitto e come. Un’altra grillina, Silvia Blasi, nel 2013, su segnalazione del M5S reatino, c’imbastì una interrogazione regionale ( ma le interrogazioni sono come i ricorsi al tar, non si negano a nessuno) dove ricordava, tra le altre cose, la portata del fatturato che Acea ottiene sfruttando le acque sabine, 450 milioni di euro. Alla faccia dell’acqua bene comune e non merce.  Cari sindaci dateve da fa’.

 





venerdì 29 luglio 2016

Il costituzionalista Francesco Clementi e le ragioni del Sì

La materia è complessa e complicata da penetrare per un cittadino comune, e servirà un vero impegno per aiutarlo a cogliere gli aspetti essenziali di una riforma che tocca questioni di trentennale discussione. Parlo della riforma costituzionale che in autunno saremo chiamati ad approvare o rifiutare con un referendum. A iniziare un percorso esplicativo di cosa andremo a decidere è stato il comitato Basta un Sì di Rieti.
Mercoledì scorso, a Palazzo Dosi si è tenuto un incontro a cui hanno partecipato il costituzionalista Francesco Clementi, professore di Diritto Pubblico comparato all’Università di Perugia e il presidente del comitato cittadino Basta Un Sì – Rieti Alberto Vespaziani, professore associato di Diritto Pubblico Comparato presso l'Università del Molise. Mancava il presidente del comitato provinciale , lo stimato e noto, per i reatini,  professore Gisberto Fioravanti, momentaneamente fuori sede. A moderare il dibattito è stato il giornalista Marco Fuggetta.
Entrando nel merito dell’incontro, serve una premessa. In passato si è provato a modificare la Costituzione italiana del 1947 attraverso un percorso tanto peculiare della nostra democrazia partitocratica, conflittuale e diffidente, quanto fallimentare, quello delle tre commissioni bicamerali ( la prima 1983-85, presieduta dal liberale Bozzi: la seconda De Mita- Iotti 1993-94; la terza, presieduta da D’Alema del 1997).  Lo ha ricordato il professore Francesco Clementi.
Quello di Clementi, membro della Commissione dei saggi voluta dall’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nominata al tempo del Governo Letta, presieduta da Gaetano Quagliariello ( che oggi è per il No, beata incoerenza)  e conclusa con una relazione finale dal titolo significativo di “ Per una Italia migliore”, è stato un intervento appassionato e accurato. Sufficientemente chiaro per non addetti ai lavori.
Il professore ha una cultura progressista e, forse aiutato dall’anagrafe, non affronta le riforme costituzionali con l’enfasi retorica dell’intoccabilità di un testo “ perfetto”. La riforma del Governo Renzi, ha ricordato più volte, non è perfetta, esattamente come non lo è quella nata dopo la fine del Fascismo e della guerra.  La nostra Carta è il prodotto del compromesso raggiunto tra le diverse forse politiche antifasciste momentaneamente alleate. E’, pertanto, figlia del suo tempo. Un tempo molto diverso da nostro.
Il conflitto tra i partiti, dopo la nascita dei governi repubblicani,  riprese subito e non ha mai cessato di esistere, in barba agli interessi degli italiani. Da questo ( tra le altre cose) è nato l’aggettivo critico di Marco Pannella, “ partitocrazia”, intesa come fenomeno degenerativo della vita politica del sistema democratico italiano.
La scelta del sistema “Bicamerale”, per apportare modifiche necessarie al buon funzionamento del paese, modifiche fatte in passato da altre nazioni europee, come Francia e Germania, per dirne due, è stata un sostanziale tentativo di aggirare  la norma costituzionale. Dati i pessimi rapporti tra le forze politiche, nasceva anche fallimentare.
Ecco perché il costituzionalista difende e sostiene la Riforma Boschi. “ Il Parlamento prodotto dal risultato elettorale del 2013 è diviso e frammentato. E’ un Parlamento fatto più di vinti che di vincitori. Nonostante ciò Renzi è riuscito a costruire una maggioranza  nel rispetto della procedura dell’articolo 138 della Costituzione. La riforma che si è riusciti faticosamente ad  approvare migliorerà la qualità della democrazia in Italia”.
Ma quali sono i punti nevralgici della riforma? Il primo è la correzione del cosiddetto “ bicameralismo paritario”, ovvero due camere che svolgono le medesime funzioni allungando all’infinito, il processo legislativo. Tra conflittualità e veti reciproci di partiti, partitini, partitucci, spesso interrotti solo dalla caduta di governi traballanti per mancanza di maggioranze solide, l’iter del sistema che si sta cercando di superare diventava spesso un ping-pong senza fine. Come ricorda Renzi in 70 anni di repubblica i governi sono stati 63. Da questo nasce una legge elettorali come l’Italicum  che punta alla governabilità.
A proposito di legge elettorale, secondo il professore, se ne parla troppo. Meglio ancora, è in atto l’assurdità di mettere insieme due cose slegate tra loro quando si affronta il tema referendario. Da una parte c’è una legge elettorale, già in atto per la Camera,  nata dopo la bocciatura del Porcellum da parte della Corte Costituzionale, disegnata per garantire la governabilità col premio di maggioranza e la rappresentanza, con l’eventuale ballottaggio. Dall’altra c’è una riforma della seconda parte della Costituzione sulla quale saremo chiamati a decidere.
L’altro punto è quello riguardante gli enti locali, Province e Regioni. Le Province saranno definitivamente abolite, insieme allo Cnel, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, ente inutile e improduttivo. Un poltronificio per sindacalisti, imprenditori ed “ esperti” . Solo un costo per il contribuente. Le Regioni, invece, saranno ridimensionate per funzioni, superando l’attuale confusione nel rapporto tra enti  Stato e Regioni prodotta dalla riforma del titolo V della Costituzione.
E all’argomento che la classe politica “ peggiore”, quella regionale finirà nel nuovo Senato, cosa obietta il professore Clementi?  “ Spetta alle Regioni recuperare la legittimità perduta. Quella di Renzi non è una riforma contro le Regioni. Tutt’altro, se sapranno governare e manderanno la gente giusta al Senato, premiando il merito, avranno più forza di quanta ne hanno ora” .
L’incontro è andato per le lunghe. Sintetizzarlo non è facile, ma ci provo. Con la riforma il Senato sarà ridotto da 315 componenti a 100: 74  consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 nominati dal Capo dello Stato per 7 anni. Questo consentirà alle istituzioni territoriali di concorrere alla funzione legislativa  in alcuni casi specifici indicati dal comma 1 dell’art.70 e di partecipare alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione delle politiche dell’Ue e dei suoi atti normativi, permettendo la verifica dell’impatto delle stesse sui territori.
Materie  come energia, grandi infrastrutture strategiche, politiche attive e grandi reti di trasporto,  oggi bloccate da contenziosi dovuti alla confusione tra competenze legislative concorrenti, torneranno di competenza statale. Insomma, si darà maggiore certezza del diritto.  “ Far capire a chi spetta la responsabilità decisionale, con trasparenza e chiarezza, è la grande sfida delle democrazie moderne, chiamate a rispondere con velocità ai bisogni collettivi”, è il pensiero del giovane costituzionalista.
Il terzo punto, forse quello essenziale, è quello della semplificazione complessiva del sistema. Una volta che l’architettura istituzionale, con l’abolizione delle province e la razionalizzazione del procedimento legislativo, sarà stata ridotta e semplificata, sarà possibile ridurre la decretazione d’urgenza e il programma di governo potrà essere realizzato con pochi disegni di legge essenziali. La riforma rimette al centro il rapporto eletto-elettore, valorizzando l’indirizzo politico scelto dagli elettori.
Quello di mercoledì scorso è uno dei primi appuntamenti reatini nato per spiegare le ragioni del Sì. Ce ne saranno altri a sostegno del No. Ai cittadini, questa volta, come non mai, spetta la responsabilità di andare al voto sapendo che si sta giocando una carta importante per il futuro del paese.
Nei prossimi mesi occorrerà tornare sul tema con sempre maggiori approfondimenti. Per ora chiudo con le parole di Giorgio Napolitano “ Se la riforma del Senato non passerà, quella sarà la fine di ogni speranza di rinnovamento della democrazia italiana “. E con quelle dell’attuale presidente Mattarella sulla infinite polemiche e la proposta di spacchettamento avanzata dai miei amici radicali :” Certi dibattiti su data e spacchettamento sono talmente surreali da sembrare la caccia ai pokemon”. L’ironia, certe volte, è l’unica risposta possibile.

.

Il costituzionalista Francesco Clementi e le ragioni del Sì

La materia è complessa e complicata da penetrare per un cittadino comune, e servirà un vero impegno per aiutarlo a cogliere gli aspetti essenziali di una riforma che tocca questioni di trentennale discussione. Parlo della riforma costituzionale che in autunno saremo chiamati ad approvare o rifiutare con un referendum. A iniziare un percorso esplicativo di cosa andremo a decidere è stato il comitato Basta un Sì di Rieti.
Mercoledì scorso, a Palazzo Dosi si è tenuto un incontro a cui hanno partecipato il costituzionalista Francesco Clementi, professore di Diritto Pubblico comparato all’Università di Perugia e il presidente del comitato cittadino Basta Un Sì – Rieti Alberto Vespaziani, professore associato di Diritto Pubblico Comparato presso l'Università del Molise. Mancava il presidente del comitato provinciale , lo stimato e noto, per i reatini,  professore Gisberto Fioravanti, momentaneamente fuori sede. A moderare il dibattito è stato il giornalista Marco Fuggetta.
Entrando nel merito dell’incontro, serve una premessa. In passato si è provato a modificare la Costituzione italiana del 1947 attraverso un percorso tanto peculiare della nostra democrazia partitocratica, conflittuale e diffidente, quanto fallimentare, quello delle tre commissioni bicamerali ( la prima 1983-85, presieduta dal liberale Bozzi: la seconda De Mita- Iotti 1993-94; la terza, presieduta da D’Alema del 1997).  Lo ha ricordato il professore Francesco Clementi.
Quello di Clementi, membro della Commissione dei saggi voluta dall’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nominata al tempo del Governo Letta, presieduta da Gaetano Quagliariello ( che oggi è per il No, beata incoerenza)  e conclusa con una relazione finale dal titolo significativo di “ Per una Italia migliore”, è stato un intervento appassionato e accurato. Sufficientemente chiaro per non addetti ai lavori.
Il professore ha una cultura progressista e, forse aiutato dall’anagrafe, non affronta le riforme costituzionali con l’enfasi retorica dell’intoccabilità di un testo “ perfetto”. La riforma del Governo Renzi, ha ricordato più volte, non è perfetta, esattamente come non lo è quella nata dopo la fine del Fascismo e della guerra.  La nostra Carta è il prodotto del compromesso raggiunto tra le diverse forse politiche antifasciste momentaneamente alleate. E’, pertanto, figlia del suo tempo. Un tempo molto diverso da nostro.
Il conflitto tra i partiti, dopo la nascita dei governi repubblicani,  riprese subito e non ha mai cessato di esistere, in barba agli interessi degli italiani. Da questo ( tra le altre cose) è nato l’aggettivo critico di Marco Pannella, “ partitocrazia”, intesa come fenomeno degenerativo della vita politica del sistema democratico italiano.
La scelta del sistema “Bicamerale”, per apportare modifiche necessarie al buon funzionamento del paese, modifiche fatte in passato da altre nazioni europee, come Francia e Germania, per dirne due, è stata un sostanziale tentativo di aggirare  la norma costituzionale. Dati i pessimi rapporti tra le forze politiche, nasceva anche fallimentare.
Ecco perché il costituzionalista difende e sostiene la Riforma Boschi. “ Il Parlamento prodotto dal risultato elettorale del 2013 è diviso e frammentato. E’ un Parlamento fatto più di vinti che di vincitori. Nonostante ciò Renzi è riuscito a costruire una maggioranza  nel rispetto della procedura dell’articolo 138 della Costituzione. La riforma che si è riusciti faticosamente ad  approvare migliorerà la qualità della democrazia in Italia”.
Ma quali sono i punti nevralgici della riforma? Il primo è la correzione del cosiddetto “ bicameralismo paritario”, ovvero due camere che svolgono le medesime funzioni allungando all’infinito, il processo legislativo. Tra conflittualità e veti reciproci di partiti, partitini, partitucci, spesso interrotti solo dalla caduta di governi traballanti per mancanza di maggioranze solide, l’iter del sistema che si sta cercando di superare diventava spesso un ping-pong senza fine. Come ricorda Renzi in 70 anni di repubblica i governi sono stati 63. Da questo nasce una legge elettorali come l’Italicum  che punta alla governabilità.
A proposito di legge elettorale, secondo il professore, se ne parla troppo. Meglio ancora, è in atto l’assurdità di mettere insieme due cose slegate tra loro quando si affronta il tema referendario. Da una parte c’è una legge elettorale, già in atto per la Camera,  nata dopo la bocciatura del Porcellum da parte della Corte Costituzionale, disegnata per garantire la governabilità col premio di maggioranza e la rappresentanza, con l’eventuale ballottaggio. Dall’altra c’è una riforma della seconda parte della Costituzione sulla quale saremo chiamati a decidere.
L’altro punto è quello riguardante gli enti locali, Province e Regioni. Le Province saranno definitivamente abolite, insieme allo Cnel, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, ente inutile e improduttivo. Un poltronificio per sindacalisti, imprenditori ed “ esperti” . Solo un costo per il contribuente. Le Regioni, invece, saranno ridimensionate per funzioni, superando l’attuale confusione nel rapporto tra enti  Stato e Regioni prodotta dalla riforma del titolo V della Costituzione.
E all’argomento che la classe politica “ peggiore”, quella regionale finirà nel nuovo Senato, cosa obietta il professore Clementi?  “ Spetta alle Regioni recuperare la legittimità perduta. Quella di Renzi non è una riforma contro le Regioni. Tutt’altro, se sapranno governare e manderanno la gente giusta al Senato, premiando il merito, avranno più forza di quanta ne hanno ora” .
L’incontro è andato per le lunghe. Sintetizzarlo non è facile, ma ci provo. Con la riforma il Senato sarà ridotto da 315 componenti a 100: 74  consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 nominati dal Capo dello Stato per 7 anni. Questo consentirà alle istituzioni territoriali di concorrere alla funzione legislativa  in alcuni casi specifici indicati dal comma 1 dell’art.70 e di partecipare alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione delle politiche dell’Ue e dei suoi atti normativi, permettendo la verifica dell’impatto delle stesse sui territori.
Materie  come energia, grandi infrastrutture strategiche, politiche attive e grandi reti di trasporto,  oggi bloccate da contenziosi dovuti alla confusione tra competenze legislative concorrenti, torneranno di competenza statale. Insomma, si darà maggiore certezza del diritto.  “ Far capire a chi spetta la responsabilità decisionale, con trasparenza e chiarezza, è la grande sfida delle democrazie moderne, chiamate a rispondere con velocità ai bisogni collettivi”, è il pensiero del giovane costituzionalista.
Il terzo punto, forse quello essenziale, è quello della semplificazione complessiva del sistema. Una volta che l’architettura istituzionale, con l’abolizione delle province e la razionalizzazione del procedimento legislativo, sarà stata ridotta e semplificata, sarà possibile ridurre la decretazione d’urgenza e il programma di governo potrà essere realizzato con pochi disegni di legge essenziali. La riforma rimette al centro il rapporto eletto-elettore, valorizzando l’indirizzo politico scelto dagli elettori.
Quello di mercoledì scorso è uno dei primi appuntamenti reatini nato per spiegare le ragioni del Sì. Ce ne saranno altri a sostegno del No. Ai cittadini, questa volta, come non mai, spetta la responsabilità di andare al voto sapendo che si sta giocando una carta importante per il futuro del paese.
Nei prossimi mesi occorrerà tornare sul tema con sempre maggiori approfondimenti. Per ora chiudo con le parole di Giorgio Napolitano “ Se la riforma del Senato non passerà, quella sarà la fine di ogni speranza di rinnovamento della democrazia italiana “. E con quelle dell’attuale presidente Mattarella sulla infinite polemiche e la proposta di spacchettamento avanzata dai miei amici radicali :” Certi dibattiti su data e spacchettamento sono talmente surreali da sembrare la caccia ai pokemon”. L’ironia, certe volte, è l’unica risposta possibile.

.

martedì 24 maggio 2016

Sì al referendum costituzionale



Sarà una campagna referendaria lunghissima ed estenuante.Conservatori ( anche in buona fede) e progressisti ( anche in buona fede) si sfideranno in una gara ( si spera non una guerra) argomentativa che alla fine porterà il paese a scegliere se restare seduto o provare a camminare più leggero ( e ad evitare la noia di sentir promettere le riforme per un altro quarantennio).

Da laica non capisco la teologia della Costituzione di chi la considera intoccabile. Una Costituzione non è libro un sacro e non dovrebbe nemmeno avere la pretesa di essere " la più bella del mondo". Una Costituzione non dovrebbe avere, sinedri e Consigli sacerdotali deputati alla sua conservazione, ma reale attuazione.

E se solo si volesse andare a vedere con onestà quanto sia davvero applicata nei suoi principi alla realtà si vedrebbe quanto è disattesa. Oggi tanti giuristi e intellettuali si fanno più sinedrio che veri difensori del dettato costituzionale.

Quindi, cos'è una Costituzione? E' uno strumento storico, nato dopo eventi storici importanti, nel nostro caso il Fascismo, per dare organizzazione ideale e pratica a uno Stato. Visto che è uno strumento che deve aiutare la vita di una nazione e favorire la migliore esistenza dei suoi cittadini, ha bisogno di periodiche manutenzioni per essere resa più efficace nell'affrontare i problemi del futuro. Le riforme servono a questo. E mai vanno a toccare, nemmeno questa volta, i principi fondamentali.

I conservatori del No affermano che le riforme del governo Renzi non sono perfette. Giacchè il fronte del No è composito e va dall'estrema destra all'estrema sinistra, ognuno ha il suo pezzetto d'imperfezione da attribuire. Siccome continuo ad amare Popper concordo con lui quando in " Rivoluzione o riforme" scriveva " chiunque ha tentato di creare uno Stato perfetto, un paradiso in terra, ha in realtà realizzato un inferno"

Personalmente penso sia giusto votare Sì, anche accettando l'argomento dell'imperfezione, visto che nonostante le difficoltà del momento continuo ad avere fiducia nella democrazia e nella sua natura di governo imperfetto, basato sul rischio e la scommessa. Quando votiamo accettiamo sempre il rischio di scommettere su qualcuno. E se quel qualcuno ha tradito le attese la volta dopo si cambia.

Siccome non sono giurista e non voglio attribuirmi competenze che non ho, per motivare la mia scelta, molto fondata sull'idea che in un mondo che si fa sempre più complesso sia necessario il metodo della semplificazione, della governabilità e della riduzione degli sprechi ( vedi Cnel), mi servirò di persone competenti e, spero, in buona fede. per entrare con più perizia nel merito.

http://media2.corriere.it/corriere/pdf/2016/Le_ragioni_del_Si.pdf

giovedì 19 maggio 2016

Ciao caro Marco

Non vorrei parlare di me, ma la notizia della morte di Marco Pannella è come  se mi avesse portato via una parte importante di un vissuto che quotidianamente, in un modo o nell'altro, si è intrecciato col Partito Radicale.

A Pannella debbo tantissimo. Gli debbo la passione per il coraggio delle idee, anche se non sempre mi riesce di testimoniarlo come fanno i libertari senza rete. Gli debbo il valore della libertà come unico padrone che si traduce nel dar retta a quanto onestamente si avverte, infischiandosene del politicamente corretto e dell'opinione altrui. Finanche della denigrazione altrui. Gli debbo anche il senso del rispetto e dell'impossibilità di provare odio per chi è politicamente e culturalmente distante, che in un mondo feroce come è quello della politica non è poco.

Vorrei, Caro Marco, saper raccontare meglio quella strana cosa che provo oggi, perchè mi viene una sola parola. Una parola semplice, è affetto. Un sentimento che è sopravvissuto anche al fastidio che da diversi anni mi hanno prodotto certe tue scivolate verso un per me incomprensibile e urtante attorcigliamento della tua brillante intelligenza. Ti ho anche detestato parecchio, a volte.

Eppure, come è per i legami forti e veri ti cacciavo dalla porta per farti rientrare dalla finestra. Per poi cacciarti ancora, spegnendo la televisione dove ti perdevi in circonlocuzioni labirintiche da cui chiunque finiva per voler scappare via. E quante volte ho spento Radio Radicale infastidita. Ma anche da quei pastoni verbosi indigeribili uscivo con una strana, incancellabile fiducia verso la tua intelligenza buona.

Buona anche quando eri cattivo, come sei stato con Emma ultimamente.

Caro Marco, è stato bello incontrarti da giovane universitaria. Bello venirti ad ascoltare all'Ergife con mia figlia che sgambettava. Bello quella volta che dopo Tangentopoli sono venuti tutti a rendere omaggio alla tua onestà vera. Mai sventolata come una bandiera, Bello fare cose strane come raccogliere firme contro la pena di morte a Ferragosto, in quel posto meraviglioso che è Fontana di Trevi. Bello scoprire affinità profonde con Sciascia. Bello vederti stare dalla parte di Tortora mentre lo facevano a pezzi.

Bello stare dentro la politica che mai è diventata antipolitica, ma vocazione alla nobiltà della politica. Bella anche l'idea di un partito trasnazionale e bella la radio che tanto ha insegnato a chiunque volesse ascoltarla. Bello non sentirsi mai rappresentante del bene, ma solo dell'impegno democratico, civile e generoso, ripagato solo dall'impegno stesso. Bello il tuo tentativo di salvare dalla forca anche un mostro come Saddam Hussein.

 Bello accorgersi grazie a te di aspetti del vivere che da personali sono diventati politici. Penso alle donne sottratte alle mammane. Penso alle donne salvate da matrimoni prigioni. Penso al mondo omosessuale che solo da poco conoscono il diritto ai diritti civili e umani. Penso a Luca Coscioni e la Sla; penso alla condizione sciagurata di chi sperimenta le carceri; penso alla non violenza da non confondersi con il pacifismo ideologico. Penso, ancora, alla fame nel mondo.

Non la voglio fare troppo lunga, tanto, intelligente come sei, hai capito che voglio solo dirti che una parte di me avrà come presenza speciale sempre il tuo ricordo. Grazie Marco. Grazie grande uomo capace di non uccidere mai il fanciullo che era in te.

P.S. Ho incontrato Pannella a Londra nel 2011 in occasione della " Veglia per la verità" davanti alla sede della commissione che per la seconda volta doveva sentire l'ex premier Tony Blair. Abbiamo chiacchierato un po'. Era seduto su un gradino fuori di un edificio e sembrava un adolescente giocoso. Voglio ricordarlo così.