Di Lidia Nobili, bi-consigliera, provinciale e regionale, vanno sicuramente ammirate le doti di resistenza e tenacia. La signora, infatti, nel suo cursus politico, ha tenuto testa a non pochi assalti, più o meno palesi, da parte della componente maschile del suo partito. Non ultimo quello sferrato dal medesimo Berlusconi che, stando alla stampa, non sembrava volerla nel listino regionale.
Ma, l’intrepida politica, fattasi da sé ( titolo ormai di merito), ha sfibrato ogni resistenza ed è volata, non più con la Porsche , ma con macchina blu, tra i banchi dei nominati della Pisana. E siccome il ruolo in politica ormai fa anche, a volte soprattutto, l’estetica, anche per Nobili, impostasi negli anni anche per le sue mise ardite, è arrivato il look “ elegante ”( termine aureo del lessico berlusconiano).
Chapeau! Ma i complimenti finiscono qui, perché l’operato politico della signora è fastidiosamente limitato ad un perimetro che non supera l’autoreferenzialità. Talvolta l’insolenza, visto che ogni sua iniziativa da consigliera regionale si accompagna a sgarbi istituzionali che vanno molto oltre la semplice lesione formale di una doverosa procedura.
Procedura che richiederebbe, quando si invita un assessore regionale, ad estendere l’invito anche i responsabili delle istituzioni di prossimità, Comune e Provincia. Cosa che non fa, con una ripetitività che ha del metodo. E come accaduto in diverse circostanze, anche recentemente, in occasione dell’arrivo a Rieti dell’assessore regionale al turismo, Zappalà, i rappresentanti istituzionali, ad eccezione del Prefetto, non sono stati invitati. Perché? E con quali conseguenze per la collettività?
Alla prima domanda si può tentare di rispondere con varie ipotesi. Forse la consigliera coltiva un proprio disegno che ci sfugge. Forse sta seminando il proprio orto per raccogliere frutti nelle prossime elezioni comunali. Forse è vittima di un egocentrismo fuori misura e fuori controllo. Ma sono, appunto, ipotesi. La verità la sa solo lei. Diverso è il discorso sulle conseguenze per la collettività dei suoi comportamenti. Il minimo è che si sprechino delle preziose occasioni per fare il punto su temi di interesse generale. Come è, senza dubbio alcuno, la riflessione su un altro modello di sviluppo, dopo la fine di quello industriale.
Alla presenza di alcuni sindaci della provincia, diciamo d’area, di qualche operatore del settore, di un po’ di amici di Nobili e di qualche componente della sua “ corte”, l’assessore Zappalà ha sinteticamente illustrato il Piano triennale del Turismo ed ha detto cose non del tutto peregrine. Ma, proprio per l’inconsistenza degli obiettivi dell’incontro, più mirato alla contesa personale verso gli esclusi, che a creare intesa tra i cosiddetti stakeholder (i vari soggetti interessati al tema trattato, rappresentanti istituzionali compresi), l’evento, probabilmente, non produrrà grandi effetti.
Effetti che possono scaturire solo dalla mobilitazione di energie e da un progetto comune. Cosa difficoltosa, in una realtà difficile come la nostra. Una realtà che ci vede protagonisti di una economia di piccola scala, caratterizzata da un’imprenditoria culturalmente pronta più al sostegno pubblico che al rischio privato e ad una scarsa propensione alla cooperazione. In un territorio danneggiato da un sistema infrastrutturale bloccato alle velleità dei “ promettitori”più che al realismo delle possibilità e con un sistema bancario per niente disposto a sostenere le piccole e piccolissime imprese.
L’assessore Zappalà è simpatico, spiccio e comunica pragmaticità. Ha subito chiarito di non essere esperto del settore, ma di avere compreso un punto fondamentale: al turismo laziale serve soprattutto la “ promozione”. Molti dei presenti, sindaci e qualche operatore, quasi sicuramente se ne sono andati delusi. Del Terminillo non si è parlato. Se ne riparlerà. Riguardo alle sagre, è stato il de profundis: meglio spendere i pochi soldi in una promozione mirata, che sperperarli in municipalismo festaiolo. La sagre, chi le vuole, se le paga.
La via Francigena? Che ci si fa? Non serve a produrre un turismo che crea economia. Meglio investire sul sistema dell’albergo diffuso, un modello di sviluppo turistico adatto ai territori come il nostro, fatto di piccoli borghi, di un ambiente ancora sano, ricco di storia e di cultura. Un modello che si presta particolarmente all’imprenditoria giovanile e femminile.
Quello di Zappalà è un modello convincente che ripone al centro del sistema un progetto che va recuperato alla sua pienezza identitaria. Il “ Cammino di Francesco”. Un prodotto turistico snaturato in segmento della generica via Francigena e sottratto, in tal modo, della forza che hanno le unicità. Se le tante vie francigene, infatti, rimandano a Roma, il “ Cammino di Francesco” parla di Rieti, del suo territorio, di una cultura cristiana affatto peculiare.
Cosa augurarsi? Che l’omogeneità degli obiettivi di Nobili, si capovolga, grazie alla provvidenziale eterogenesi dei fini, in una capacità di iniziativa da parte di coloro che oggi sembrano reagire solo con querimonie, o, addirittura, con piccole, inutili ritorsioni che si esauriscono su facebook. Chi vuole intendere intenda.