sabato 7 gennaio 2012

Il paese che meritiamo


La democrazia è un sistema fondato sul relativismo. L'assolutismo appartiene ad altro. Per questo è normale che a poco più di un mese e mezzo di esistenza il governo Monti abbia estimatori e detrattori. Per i primi il Presidente del Consiglio sta operando al meglio, per i secondi è il Presidente del Presidente, ovvero una forzatura di Napolitano che ha preferito mettere la patata bollente dell'esecutivo nelle mani di tecnici invece che in quelle dei partiti e dell'agone elettorale. I primi ed i secondi abitano nei diversi schieramenti e spazi di rappresentanza.

Erano per il voto, ad esempio, sia la Cgil di Camusso che la Lega di Bossi; gli ex colonnelli di An e gli “ indignati”. Una compagine composita. Poi ci sono quelli che sembrano giocare su due tavoli. Sono coloro che, pur sostenendo ufficialmente Monti, non perdono occasione per criticarne l'operato e rinfacciargli i tempi lenti e riforme non gradite. Dimenticando, preferendo dimenticare, che l'Italia ereditata da Monti è quella che negli ultimi dieci anni ha aspettato invano le riforme. Molti la famosa rivoluzione liberale.

Tra i resistenti più perniciosi ci sono coloro che confondono dei totem con delle battaglie per i diritti. Penso al problema della riforma del lavoro. Oggi il mercato del lavoro è la Babele della precarietà. La discriminazione e la discrezionalità per i lavoratori e per le lavoratrici, particolarmente se giovani, è, a parte i fortunati, la regola. Porre l'art.18 a vessillo della difesa della civiltà è un insulto all'intelligenza delle cose.

Vedere la Cgil e parte del Pd arroccarsi in una battaglia di retroguardia lascia allibiti. Vedere la proposta di Ichino, un sistema di riordino complessivo del mercato del lavoro dove si mette al primo posto l'eguaglianza del diritto alle tutele, oggi gravemente lesa, trattata come una proposta indecente è incomprensibile a chi sia libero da ideologie o da viscerali resistenze al cambiamento. Ed il fatto che non si spieghi a sufficienza che gli effetti della riforma non riguarderebbe chi oggi è protetto dall'art.18 fa pensare. Male.

Troppe davvero sono le resistenze autoreferenziali e distanti dall'interesse generale che pure dovrebbe essere al centro degli interessi di chi ha ruoli di rappresentanza. Come giustificare altrimenti l'unione di Upi e Sindacato nella difesa delle province con la scusa delle 56 mila famiglie che resterebbero in mezzo alla strada? Inutile dire che sono menzogne. A perdere il posto sarebbero solo i posti di Giunta e del Consiglio, visto che i dipendenti delle province sarebbero allocati in altre istituzioni.

Ma una buona parte del paese questo lo sa. E infatti, nonostante misure pesanti e campagne non proprio amiche verso il povero Monti da parte di tanti economisti e politici, tutti con ricette più efficaci ( a parole) delle sue, il consenso verso il Governo, è ancora alto, collocandosi intorno al 50%. Quello che accadrà nei prossimi giorni, quelli in cui dal “ dovuto” si passerà al “ voluto” per usare le parole del professore, dipenderà molto da chi oggi ha la responsabilità di accompagnarne lo sforzo con proposte, correzioni costruttive. Trasparenza, chiarezza comunicativa.

La crisi chiede a tutti sacrifici ed è necessario far comprendere che il Governo sta facendo quanto può per distribuirli con equità. Compito della politica, dei partiti e dei suoi rappresenti, anche locali, è far comprendere il perchè delle misure prese e delle riforme attuate. Questa crisi può essere una occasione per far crescere tutti sul piano della coscienza civile e del senso vero della democrazia. Può aiutare a comprendere ciò che meritiamo ed il suo contrario.

Non meritiamo un Parlamento di nominati. Non meritiamo gli sprechi delle varie caste, di cui quella parlamentare è solo la più in vista. Non meritiamo una burocrazia inefficiente e che frena l'economia. Meritiamo, invece, di vivere in un paese dove il diritto sia una certezza. Dove le tasse se non belle come le definiva Padoa Schioppa siano un dovere sentito. Come sentito dovrebbe essere il diritto alla mobilità sociale ed il riconoscimento del merito.

Non meritiamo un paese dove i giovani non hanno futuro senza il godimento di rendite familiste. Né meritiamo vicende come quella dei posti raccomandati della Camera di Commercio di Rieti. E non meritiamo che la perdita di posti di lavoro voglia dire finire nella gabbia di ammortizzatori sociali mortificanti, come la cassa integrazione o i posti di Lsu. Questo e molto altro non meritiamo e Monti è una rara occasione per farci fare un salto di qualità.