Era il
mese di luglio del 2014 e della sua laurea in Scienze della formazione e del
servizio sociale presso l’università dell’Aquila si occuparono i giornali. La
ragione non era il 110 e lode, risultato eccellente, ma non raro, bensì la
condizione di autistico del neodottore,
Andrea Paolucci, ventottenne di Antrodoco. A soffiare il primato ad
Andrea di primo laureato in Italia era stato, qualche mese prima, Pier, giovane
di Treviso di 33 anni, affetto, anche lui, da autismo severo.
Ma in
questo caso non si può parlare di rammarico per la perdita di un primato,
quanto, piuttosto, di una straordinaria circostanza: il fatto che a pochi mesi
di distanza l’uno dall’altro, due autistici abbiano ottenuto una laurea, grazie
al Metodo della Comunicazione facilitata W.O.C.E. , vuol dire che la capacità
cognitiva, almeno in alcuni casi, aspetta solo di essere aiutata a “volare” da
facilitatori muniti di vera competenza , conoscenza, professionalità acquisite
in centri accreditati nel difficile compito di comprendere le necessità di chi
dopo pochi anni di vita, entra in una dimensione d’irreversibile
incastellamento comunicativo.
Il 2
Aprile scorso, Palazzo Chigi si è illuminato
di blu, perché la Presidenza del Consiglio ha aderito alla campagna di
sensibilizzazione “Light in up blue”, illuminalo di blu, in occasione della
Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo promossa dall’Onu, che si
celebra il 2 aprile. Illuminazione a costo zero. Così così si legge sul sito della
Presidenza del Consiglio, come si dovesse giustificare la spesa.
Le
ricorrenze spesso lasciano il tempo che trovano, è vero, ma mai come in questo
caso la scelta dell’Onu è opportuna. Troppo facilmente dimentichiamo quanto i
malati di autismo ( nel reatino sono almeno 50 casi), e le loro famiglie sono
abbandonati alla solitudine di un destino stipato di difficoltà, speranze, faticosa ricerca di riduzione possibile dei danni
prodotti dalla tremenda malattia, di cui
ancora non si conoscono né cause, né cura. Ricordarlo è un bene.
Andrea,
nella sua sfortuna è fortunato. Ha due genitori straordinari che lo hanno
aiutato a comunicare attraverso il canale della scrittura facilitata. E’ grazie
a quel metodo, integrato con altri, che si è laureato e che ha potuto avere una
pagina Fb con cui interagire con amici veri e virtuali. Ed è per questo
meraviglioso ( quando se ne fa buon uso) mezzo di comunicazione sociale che lo
scorso anno, dopo la notizia della laurea, ho chiesto ad Andrea di fare
un’intervista da lontano, ognuno con la sua tastiera. E' così che abbiamo avviato una conversazione, poi interrotta e ripresa dopo un anno grazie
al blu, colore scelto per rappresentare l’autismo.
Ieri sono
andata al centro diurno di Sant’Eusanio ai Pozzi, della Onlus Loco Motiva, cooperativa
che fornisce servizi per l’inclusione delle persone affette da autismo e dove
sono attivi laboratori per avviare alla comunicazione facilitata, fondata da
Virgilio Paolucci, padre di Andrea, socio fondatore.
Il nome
Loco Motiva, mi spiegano, dipende dall’iniziale progetto di riconversione di
una stazione situata nei pressi di Antrodoco, ormai inutilizzata, in centro
della Onlus. Progetto finito nel nulla in quell’universo sprecone e incapace di
darsi utili priorità che è spesso la Regione Lazio. Fortunatamente ci ha
pensato la parrocchia di S.Agostino a
dare l’attuale sede in comodato d’uso, mentre le risorse per andare avanti
dipendono da iniziative di varia natura: corsi di lingua, mostre d’arte, corsi
di degustazione enogastronomici.
Alla sede
di Loco Motivai ho incontrato Virgilio, Andrea, alcuni volontari ( molti dei
quali giovani) in compagnia di una
ragazza autistica e la tutor universitaria di Andrea, Karin, da lui chiamata
scherzosamente “ Avatar”.
Se ho
aspettato quasi un anno per pubblicare l’intervista, rimasta in sospeso, è
stato, lo ammetto, perché la qualità delle risposte che Andrea dava alle mie
domande era così straordinaria da farmi dubitare fossero davvero sue. Ho creduto
che ci fosse l’aiuto dell’Avatar. Ieri
ho avuto la conferma della notevole intelligenza di Andrea e quella che la sua
interiorità è puro distillato di poesia.
Inizierò
con la nostra intervista interrotta.
D: Ciao Andrea , sono una giornalista e vorrei farti un’intervista
da qui, dai messaggi personali di Fb. Credo che tu abbia realizzato una cosa
straordinaria e mi piacerebbe far sapere come sei riuscito a laurearti.
Potrebbe essere di aiuto anche agli altri. Ti va?
R. Sarei
onorato, ma non sono in grado di aiutare le persone, posso raccontarti soltanto
il mio potente impegno di studio. Sono ardito sostenitore di vita con la grazia
concessami di scrivere su una tastiera che traduce i miei prigionieri pensieri.
Sono prigioniero e libero nel mio autismo severo.
D. Sono io che mi sento onorata e ti ringrazio. Cominciamo col
dire quando è iniziato il tuo rapporto con la tastiera che ha liberato i tuoi
pensieri.
R: Ero
smarrito e confuso, le parole e i pensieri mi comprimevano la testa e il cuore,
ero solo espressione goffa di paura, sensazioni difficili da dire a chi conosce
il mondo in modo diverso da come i miei sensi lo percepiscono. Un giorno, ero
ancora nella scuola, quando mamma comincia esercizi per aiutarmi, prima con
figure , poi con parole da pigiare con il dito e poi con tanti esercizi di
speranza, fino a scrivere sulla tastiera della mia silenziosa e muta vita.
Avevo gli anni della scuola elementare, 11 o 12.
D. Tua madre aveva saputo del metodo della scrittura facilitata o
ci era arrivata da sola?
R. Queste
domande dovresti farle a lei. Ma i miei genitori hanno sempre ricercato in ogni
parte la speranza di farmi guarire. Hanno portato me in molti posti, da gente
che studia e ricerca sull’autismo e hanno provato ogni mezzo per aiutarmi.
D. Puoi aiutarmi a capire come mai scrivere con una tastiera ti consente
di comunicare? Si può dire che i tasti ti aiutano a mettere ordine
nell’intensità delle tue percezioni e pensieri?
R. E’
stato un continuo esercizio ed è una continua fatica d’impegno riuscire ad
isolare l’essenza della mia persona nel caos in cui la mia mente si trova
costantemente. Ho costante bisogno di stimoli ripetuti per essere quello che
voglio comunicare. Tutto di me mi porta a gesti stereotipati e importanti solo
per me. Senza un aiuto esterno sarei un’espressione vuota di movimenti coerenti
solo col mio essere autistico. Passerei giornate di solitudine e ne avrei poca
coscienza se la mia adorata e indomita mamma non combattesse ogni giorno col
mio tiranno autismo. Se tu ora stessi qui a vedermi scrivere ne saresti stupita
, ma se mi vedessi agire penseresti che sono un povero ritardato.
E’ da qui
che riparto per riportare il seguito dell’intervista. Quello di ieri, fatto da
vicino, sempre con l’aiuto della sua tastiera. Non ho avuto la minima
impressione di avere a che fare con un ritardato. Tutt’altro. Quello che ho
visto è stata la fatica fisica di scrivere, più che di pensare. Le risposte
sono sempre state rapide e piene di bellezza.
D. Ciao Andrea, ti ricordi di me e dell’intervista che abbiamo
iniziato un anno fa circa?
R. Sì, ce
l’ho su fb.
D. Bene. Cosa hai fatto dopo la laurea? Cosa fai ora?
R. Sto
prendendo la specialistica per diventare educatore sociale.
D. Che lavoro puoi fare con la tua laurea?
R. Posso
fare l’assistente sociale, lavorare in centri sociali, in comunità. Mi fa molto
piacere aiutare, perché anche io ho bisogno degli altri.
D. capisco. E posso sapere cosa
fai oltre che studiare?
R. Mi
piace scrivere. Lo scrivere mi eleva al di sopra della mia condizione. Vorrei
scrivere del bello che c’è nel mondo, forse un romanzo. Qualcosa che inneggi
alla vita. Ho un bisogno vitale di ricercare la bellezza nelle parole.
D. Sì, ho notato che usi un linguaggio molto ricercato. E ho notato
che hai una propensione naturale alla poesia. Conosci gli haiku giapponesi?
R. No,
cosa sono.
D. Poesie di tre versi. Dovresti provare.
R.
Grazie, ci proverò. Ma che scrivi come giornalista?
D. Spesso di politica, di quello che succede nella vita pubblica.
Nulla d’interessante rispetto a questa intervista. Grazie per consentirmi di
entrare nel tuo mondo.
R. Grazie
a te per la tua attenzione. Nel mio mondo è facile entrare, per me è difficile
entrare nel vostro. Il mio mondo è leggerezza e caos.
D. Fai qualche sport? Vedo che hai buoni muscoli.
R. Mi
piacerebbe, ma sono imbranato. Però nuoto da quando sono piccolo. Amo l’acqua,
somiglia alla mia testa sconfinata.
D. Cos’è che ti dà più fastidio?
R. Il
rumore del mondo e l’indifferenza.
D. Quando vedi la televisione che trasmette immagini di violenza e
di guerra cosa pensi?
R.
L’odio, terribile scelta l’odio, nessuna giustizia genera morte. La guerra è
solo aberrazione umana. Sono scelte sbagliate dove il cuore tace e l’uomo
trabocca di tristezza.
Lascio il
centro di Sant’Eusanio portandomi via il seguito dell’intervista come fosse un
tesoro sepolto e ritrovato Mi allontano pensando che di tesori sepolti ce ne
sono chissà quanti. Se solo le istituzioni fossero meno distratte rispetto alla
condizione di chi non ha voce e delle loro famiglie, non tutte attrezzate ad
affrontare un percorso tanto complesso, se ne potrebbero scoprire chissà
quanti. Ma da noi il 2 Aprile nessun edificio pubblico si è illuminato di blu.
Il problema del nostro mondo spesso non è la mancanza di soldi, ha ragione Andrea,
è l’indifferenza.