giovedì 22 maggio 2014

Un voto per l'Europa

Un mese trascorso all'estero mi ha tenuto lontano dalla campagna elettorale delle elezioni europee. Ne ho sperimentato solo una settimana e sono contenta di essermi risparmiata la frustrazione da ascolto di insulti reciproci, confusione tra temi di politica interna e quelli europei affrontati sbrigativamente, ansia di vittoria da capitalizzare dopo le elezioni contro o a favore dell'attuale governo. Ma il peggio sono state le urla del comico genovese a cui, in questi ultimi giorni, si sono aggiunte minacce di processi on line per tutti quelli che non sono rimasti folgorati dai suoi confusi e sbrindellati messaggi.

Mi chiedo come, in tutto questo delirante bailamme, possa essersi formata una decente opinione pubblica e con quale consapevolezza si andrà a votare per la governance del Parlamento europeo. Quanto si è spiegato il ruolo giocato da Bruxelles nella vita dei cittadini italiani? Cosa rappresenta l'Ue per i cittadini europei? Per quali ragioni è nato l'Euro? Temo non si sia parlato troppo di questo ed è sull'ignoranza che giocano gli euroscettici e quelli che propongono l'uscita dalla moneta unica.

Quello che si è fatto, mi sembra, è stato di inseguire chi è riuscito e riesce ad ottenere il consenso, ( troppo consenso), giocando sulla rabbia ( giusta rabbia), la frustrazione ( comprensibile frustrazione), il risentimento ( costruito con anni di promesse mancate), l'ignoranza.

Di fronte alla prospettiva solo sfascista ( mi scuso per un termine ormai consumato, ma non ne trovo altri) sarebbe servito che si spiegasse in modo piano ed emozionale ( senza emozione la politica è muta) che il governo dell'Europa è ormai importantissimo per i suoi cittadini, quanto, se non più, dei governi nazionali.

Che si spiegasse che il voto di domenica è altra cosa rispetto a quello politico e che la cosa più utile per noi è mandare gente preparata a rappresentarci. Gente preparata, perchè la politica è l'arte più difficile e l'improvvisazione non paga. “ In uno Stato di mille cittadini è impossibile che cento o anche cinquanta acquisiscano la scienza del governo degli uomini in modo adeguato. Se fosse così la politica sarebbe la più facile delle arti”, scrive Platone nel “Politico”.

Si è preferito inseguire, piuttosto che avere la pazienza di spiegare che il processo dell'Unione Europea, iniziato dal progetto di Ventotene, in piena seconda guerra mondiale, non è ancora concluso e che chi andrà a Bruxelles dovrà ( se saprà farlo) portarlo avanti.

Anche l'informazione televisiva, ma non solo, ha scelto di giocare la partita politica degli schieramenti e dell'avanspettacolo invece che rendere consapevoli, soprattutto i giovani, delle tante similitudini esistenti tra la crisi che vive il nostro sistema democratico e liberale e quella che mise fine con una marcia su Roma a quello prefascista.

Tutti i soggetti pubblici sembrano non capire che si sta giocando col fuoco amplificando la voce e le urla della reazione e del populismo. I sistemi democratici sono fragili quando manca la cultura civile della condivisione di valori. Ce lo insegna la storia del novecento, con i totalitarismi incistati là dove le democrazie erano troppo deboli. Oggi il mondo è cambiato e la consapevolezza degli italiani è cresciuta, certo, ma la confusione è tanta e i nuovi strumenti tecnologici sono spesso veicolo di trasmissione di menzogne, ignoranza, contagi molesti.

Ho sentito Renzi in televisione dire che se il Pd riceverà consenso l'Italia potrà andare in Europa a schiena dritta e fare da locomotiva nel dare nuovo corso ad una politica europea che ha prodotto soprattutto burocrazia, mentre dimenticava questioni fondamentali come la politica estera, quella sul lavoro e sull'immigrazione. Credo abbia ragione. E' chiaro che se il Governo in carica sarà indirettamente rafforzato dal voto ( e se riuscirà a fare le riforme promesse) potrà far dimenticare le colpe di chi lo ha preceduto.

Noi siamo tra i peggiori attuatori delle norme della Comunità europea e i peggiori utilizzatori degli strumenti che essa mette a disposizione. Non si può negare che la nostra reputazione in Europa sia bassa per colpa dei nostri governi deboli ed incapaci di autoriformarsi; per il ritardo con cui hanno attuato la legislazione comunitaria; per un debito pubblico immenso e dovuto ad un sistema partitocratico tanto invasivo quanto non più sostenibile.

“ Tra il 1953 e il 1998 si registrarono ben 355 ricorsi alla Corte di Giustizia in cui l'Italia viene citata per non aver adempiuto ai suoi obblighi: il doppio rispetto alla Francia e il triplo rispetto alla Germania”, scriveva Tommaso Padoa Schioppa nel libro “ Europa cuore gentile”.

L'Europa, come i mercati, conosce le nostre responsabilità. Sembra che ad ignorarlo, o a fingere di non saperlo, siano quelli che puntano il dito contro Bruxelles, facendo leva sul nazionalismo. contro l'Euro. E' davvero difficile calcolare gli effetti di un ritorno a monete nazionali nel mercato globale. Per l'Italia, particolarmente, con la crisi produttiva che abbiamo, sarebbe devastante.

L'Ue è figlia di una “tragica lezione della storia” ( Padoa Schioppa), nata per unire nazioni che si sono massacrate con due guerre mondiali. L'Euro è nato per far corrispondere l'integrazione monetaria a quella economica ( oggi necessario più che mai per far fronte al mercato globale). Di errori se ne sono fatti tanti e il coordinamento delle politiche economiche dei singoli governi è mancato.

Detto ciò, credo che oggi, più che mai, sia necessario andare a votare per il cambiamento e per l'avanzamento di un processo integrativo di cui non possiamo fare a meno se non vogliamo dare ai nostri figli un futuro senza speranza. Checchè ne dicano i tanti che sembrano ignorare le lezioni della Storia.