Un mese trascorso all'estero mi ha
tenuto lontano dalla campagna elettorale delle elezioni europee. Ne
ho sperimentato solo una settimana e sono contenta di essermi
risparmiata la frustrazione da ascolto di insulti reciproci,
confusione tra temi di politica interna e quelli europei affrontati
sbrigativamente, ansia di vittoria da capitalizzare dopo le elezioni
contro o a favore dell'attuale governo. Ma il peggio sono state le
urla del comico genovese a cui, in questi ultimi giorni, si sono
aggiunte minacce di processi on line per tutti quelli che non sono
rimasti folgorati dai suoi confusi e sbrindellati messaggi.
Mi chiedo come, in tutto questo
delirante bailamme, possa essersi formata una decente opinione
pubblica e con quale consapevolezza si andrà a votare per la
governance del Parlamento europeo. Quanto si è spiegato il
ruolo giocato da Bruxelles nella vita dei cittadini italiani? Cosa
rappresenta l'Ue per i cittadini europei? Per quali ragioni è nato
l'Euro? Temo non si sia parlato troppo di questo ed è sull'ignoranza
che giocano gli euroscettici e quelli che propongono l'uscita dalla
moneta unica.
Quello che si è fatto, mi sembra, è
stato di inseguire chi è riuscito e riesce ad ottenere il consenso,
( troppo consenso), giocando sulla rabbia ( giusta rabbia), la
frustrazione ( comprensibile frustrazione), il risentimento (
costruito con anni di promesse mancate), l'ignoranza.
Di fronte alla prospettiva solo
sfascista ( mi scuso per un termine ormai consumato, ma non ne trovo
altri) sarebbe servito che si spiegasse in modo piano ed emozionale (
senza emozione la politica è muta) che il governo dell'Europa è
ormai importantissimo per i suoi cittadini, quanto, se non più, dei
governi nazionali.
Che si spiegasse che il voto di
domenica è altra cosa rispetto a quello politico e che la cosa più
utile per noi è mandare gente preparata a rappresentarci. Gente
preparata, perchè la politica è l'arte più difficile e
l'improvvisazione non paga. “ In uno Stato di mille cittadini è
impossibile che cento o anche cinquanta acquisiscano la scienza del
governo degli uomini in modo adeguato. Se fosse così la politica
sarebbe la più facile delle arti”, scrive Platone nel “Politico”.
Si è preferito inseguire, piuttosto
che avere la pazienza di spiegare che il processo dell'Unione
Europea, iniziato dal progetto di Ventotene, in piena seconda guerra
mondiale, non è ancora concluso e che chi andrà a Bruxelles dovrà
( se saprà farlo) portarlo avanti.
Anche l'informazione televisiva, ma non
solo, ha scelto di giocare la partita politica degli schieramenti e
dell'avanspettacolo invece che rendere consapevoli, soprattutto i
giovani, delle tante similitudini esistenti tra la crisi che vive il
nostro sistema democratico e liberale e quella che mise fine con una
marcia su Roma a quello prefascista.
Tutti i soggetti pubblici sembrano non
capire che si sta giocando col fuoco amplificando la voce e le urla
della reazione e del populismo. I sistemi democratici sono fragili
quando manca la cultura civile della condivisione di valori. Ce lo
insegna la storia del novecento, con i totalitarismi incistati là
dove le democrazie erano troppo deboli. Oggi il mondo è cambiato e
la consapevolezza degli italiani è cresciuta, certo, ma la
confusione è tanta e i nuovi strumenti tecnologici sono spesso
veicolo di trasmissione di menzogne, ignoranza, contagi molesti.
Ho sentito Renzi in televisione dire
che se il Pd riceverà consenso l'Italia potrà andare in Europa a
schiena dritta e fare da locomotiva nel dare nuovo corso ad una
politica europea che ha prodotto soprattutto burocrazia, mentre
dimenticava questioni fondamentali come la politica estera, quella
sul lavoro e sull'immigrazione. Credo abbia ragione. E' chiaro che se
il Governo in carica sarà indirettamente rafforzato dal voto ( e se
riuscirà a fare le riforme promesse) potrà far dimenticare le colpe
di chi lo ha preceduto.
Noi siamo tra i peggiori attuatori
delle norme della Comunità europea e i peggiori utilizzatori degli
strumenti che essa mette a disposizione. Non si può negare che la
nostra reputazione in Europa sia bassa per colpa dei nostri governi
deboli ed incapaci di autoriformarsi; per il ritardo con cui hanno
attuato la legislazione comunitaria; per un debito pubblico immenso e
dovuto ad un sistema partitocratico tanto invasivo quanto non più
sostenibile.
“ Tra il 1953 e il 1998 si
registrarono ben 355 ricorsi alla Corte di Giustizia in cui l'Italia
viene citata per non aver adempiuto ai suoi obblighi: il doppio
rispetto alla Francia e il triplo rispetto alla Germania”, scriveva
Tommaso Padoa Schioppa nel libro “ Europa cuore gentile”.
L'Europa, come i mercati, conosce le
nostre responsabilità. Sembra che ad ignorarlo, o a fingere di non
saperlo, siano quelli che puntano il dito contro Bruxelles, facendo
leva sul nazionalismo. contro l'Euro. E' davvero difficile calcolare
gli effetti di un ritorno a monete nazionali nel mercato globale. Per
l'Italia, particolarmente, con la crisi produttiva che abbiamo,
sarebbe devastante.
L'Ue è figlia di una “tragica
lezione della storia” ( Padoa Schioppa), nata per unire nazioni che
si sono massacrate con due guerre mondiali. L'Euro è nato per far
corrispondere l'integrazione monetaria a quella economica ( oggi
necessario più che mai per far fronte al mercato globale). Di errori
se ne sono fatti tanti e il coordinamento delle politiche economiche
dei singoli governi è mancato.
Detto ciò, credo che oggi, più che
mai, sia necessario andare a votare per il cambiamento e per
l'avanzamento di un processo integrativo di cui non possiamo fare a
meno se non vogliamo dare ai nostri figli un futuro senza speranza.
Checchè ne dicano i tanti che sembrano ignorare le lezioni della
Storia.