Una cosa devastante per una realtà imprenditoriale che dovrebbe fare dell’etica e la solidarietà la sostanza del business, delle attività economiche. Qualcosa che potrebbe indurre a pensare che in un paese come l’Italia, piagata dalla corruzione (ancora non piegata, si spera) nulla si salva dal malaffare.
Ma la vittoria di un piccolo comitato reatino, quello dei “soci prestatori”, costituitosi dopo la crisi della Coop76, riesce contemporaneamente a fare scuola sulla forza dellavirtù civile, quando si attiva, e a non fare di tutta l’erba un fascio.
Tutti o molti ricorderanno la vicenda che ha visto una storica cooperativa reatina finire nel fallimento e in un grottesco e incomprensibile percorso scelto dalla Lega Coop regionale (al tempo guidata da Stefano Venditti e commissariata dopo i fatti di “Mafia Capitale” dal presidente nazionale subentrato a Poletti, Mauro Lusetti), dall’amministrazione provinciale guidata da Fabio Melilli e da una parte del sindacato provinciale.
Invece che accogliere e sostenere l’offerta di una delle grandi cooperative di consumo del sistema nazionale, la Coop Centro Italia,2.700 dipendenti, più di 525mila soci, 614 milioni di euro di vendite, pronta ad assorbire i negozi e a garantire la restituzione di 2 milioni e 200mila euro ad 800 soci prestatori, l’allora presidente Venditti in testa, si preferì dare il fitto di ramo d’azienda ad una piccola neo-cooperativa di Latina: Evergreen.
Una cooperativa nata ad hoc: il 6 aprile la Lega Nazionale (guidata dall’attuale ministro Poletti) presenta l’istanza di messa in liquidazione della Coop76 e il 10 aprile nasce Evergreen, con un capitale di 225 euro e guidata da una imprenditrice agricola dell’agro pontino scelta da Nicola Zingaretti come assessore all’agricoltura.
Evergreen garantiva solo l’apertura dei negozi, ma abbandonava al loro destino d’incertezza lavorativa i 100 dipendenti e i creditori della cooperativa reatina: fornitori e soci prestatori. Questi ultimi, come mi disse Pierluigi Coccia, uno dei tre liquidatori, “anello debole della catena”. I meno garantiti di riprendere i 2milioni e 200mila euro prestati alla Coop76. Ma l’«anello debole», ha lavorato per tre anni, con caparbia determinazione, riuscendo ad ottenere quanto in tanti davano per perso.
Roberto Frizzarin, portavoce del Comitato soci prestatori della Coop76 oggi racconta soddisfatto : «Con l’apertura dell’ultimo negozio, abbiamo avuto la conferma dal dottor Raggi che dopo pochi giorni, il 2 febbraio, avremmo potuto riottenere le somme prestate recandoci nei punti delega dei vari negozi rimasti aperti. Ormai siamo quasi tutti rientrati in possesso del dovuto. Ma ancora qualcuno non lo ha fatto. Forse sono quelli rimasti ai margini della nostra azione».
Insieme a Frizzarin incontro altre due «combattenti» del comitato, Irene Giangreco Marotta e Onorina Silvestri. Quest’ultima, «utilissima per la sua competenza del mondo cooperativo», dicono Roberto e Irene, è nota anche fuori Rieti per una protesta messa in atto il 6 dicembre dello scorso anno, insieme ad altri dipendenti della Legacoop regionale, all’esterno del centro Congressi Frentani dove si svolgeva il congresso della Lega Coop Lazio. La protesta è nata da licenziamenti dopo 30 anni di servizio.
Il caso di Onorina Silvestri è quanto di più lontano dai valori della cooperazione riguardo al lavoro. Responsabile dell’ufficio provinciale di Legacoop regionale, nel settembre del 2010 venne posta in cassa integrazione e poi licenziata. La giustificazione era la crisi economica dell’ente regionale. Strano che poi i soldi per la presidenza e la vicepresidenza provinciale di Legacoop Lazio ci fossero (lavoravano gratis?).
Nel marzo del 2011 vennero nominati Alessandro Toniolli e Federico Masuzzo.I fatti di «Mafia Capitale», seguiti dal commissariamento hanno azzerato tutte le nomine. E si spera che i licenziati, come Onorina Silvestri, ottengano giustizia.
Una giustizia che il Comitato dei soci prestatori di Rieti hanno ottenuto grazie al rispetto della parola data dal presidente della Coop Centro Italia, Giorgio Raggi. «Fin dall’inizio abbiamo capito che l’unica speranza per noi era che subentrasse nella proprietà la Coop Centro Italia e che andava seguita la strada della solidarietà e non quella giuridica, lunga e incerta. Va dato merito al dottor Raggi di non aver tradito la nostra fiducia», dice Frizzarin.
Una regola del giornalismo è che fa notizia l’uomo che morde il cane e non viceversa. In una cronaca italiana fatta quotidianamente di notizie che non lasciano spazio ad altro se non alla corruzione, pubblica, istituzionale e privata, parlare, finalmente, di un colosso cooperativo, come quello umbro, rispettoso della vocazione della propria natura, ovvero del fare impresa contemperando gli affari e i profitti, con i fini mutualistici e solidaristici, che altro è se non una notizia? Una buona notizia. Finalmente.