mercoledì 26 novembre 2014

Che ci faccio qui? Un Consiglio provinciale in smarrimento

Lunedì scorso, 23 Novembre, si è insediato nella Regione Lazio l’Osservatorio regionale per l’attuazione della legge Delrio : “ Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle province, sulle Unioni e fusioni di Comuni”. L’Osservatorio, come stabilito  in Conferenza unificata Stato, Regioni, Comuni e Province, sarà la sede di coordinamento per la ricognizione delle funzioni amministrative provinciali e avrà il compito di formulare proposte per la loro riallocazione nel livello istituzionale più adeguato: comunale, intercomunale, provinciale, regionale.
Insomma, come ha più volte ripetuto il nuovo presidente della Provincia di Rieti, siamo in piena fase costituente del riassetto del sistema di governo regionale e di una rimodulazione dei compiti dell’area vasta provinciale che dovrà avvenire “ secondo logiche e modelli organizzativi che potranno essere diversi da regione e regione, individuando l’ambito territoriale ottimale per l’esercizio di ciascuna di esse” ( ministro Lanzetta).
Che di riassetto della macchina amministrativa ci fosse il bisogno è cosa certa, sia in termini di distribuzione delle funzioni, di eliminazione delle loro duplicazioni, di riduzione della burocrazia ( massacro per le piccole e medie imprese) oltre che di riduzione della spesa pubblica. Il problema è che in una fase “ costituente” si ha bisogno soprattutto di nervi saldi, perché di certo c’è ben poco. E se all’incertezza del che fare si aggiunge quella della certezza che le casse provinciali saranno sempre più vuote, minimo c’è lo smarrimento.
E di smarrimento, ieri, nel primo vero Consiglio della nuova Provincia ce n’era non poco. Il primo era quello dei consiglieri, eletti da altri consiglieri e sindaci invece che dai cittadini. E’ chiaro che è tutta un’altra cosa. La dimensione politica, tra chi governa e chi è parte minoritaria si annulla o quasi. Tutti sono chiamati a trovare insieme le migliori soluzioni.
 Non è facile entrare in questa dimensione e le parole del sindaco di Cittaducale, Ermini, lo ha espresso in modo chiaro : “ Sto a disagio perché non ho capito bene qual è il mio ruolo”. Un disagio comprensibile, perché in effetti l’impressione che si riceveva ieri era che ci fosse un Presidente che si limitava semplicemente a comunicare al Consiglio l’adozione di decisioni prese.
Ma da parte sua il presidente Rinaldi è “ appeso” alle decisioni regionali, non proprio rapidissime. Per ora le funzioni restano le stesse di prima, col particolare non secondario che la Legge di stabilità ha previsto un taglio per le Province di un miliardo di euro e il concorso economico delle province alla riduzione della spesa della pubblica amministrazione. “ Avessi saputo prima dei tagli per gli enti provinciali non avrei accettato l’incarico che in tanti mi hanno pregato di ricoprire”, ha detto il Presidente Rinaldi.
Per la provincia di Rieti il “ sacrificio finanziario” è di 6.250.175,00 per il 2013 e di 6.573.931,00 per il 2014. Come si può fare a sostenere il carico delle tante società partecipate che gravano sul bilancio provinciale, come l’Università o l’Istituzione Formativa, per dirne solo due ?
Soprattutto, come si fa a salvare dal fallimento “ Risorse Sabine”, società partecipata che, stando al consigliere Gerbino, è stata gonfiata di dipendenti perché è stata soltanto una “operazione clientelare”. E come si fa a sostenere la spesa corrente per i dipendenti della Provincia? I prepensionamenti sono una possibilità, ma hanno gli stessi limiti dei tagli lineari: rischiano di far perdere all’amministrazione figure necessarie e lasciarne altre superflue.
E che fare del patrimonio provinciale? Soprattutto che fare con gli impianti sportivi? Il Comune di Rieti in pre dissesto può accollarsi la manutenzione del PalaSojourner, della pista ciclabile, della piscina di Rieti, di quella realizzata al Terminillo? Secondo il Presidente, le strade possibili sono una ristrutturazione del debito con la Cassa Deposito e Prestiti, non certo a costo zero, e vendere ettari di terreno intorno agli impianti sportivi. Ammetto di aver provato un brivido pensando ad altro consumo di suolo.
Insomma, i problemi sono tanti e , in attesa di conoscere le decisioni regionali, servirà, oltre le solite querimonie contro i tagli governativi, anche uno “ sforzo di fantasia”, come detto dal Presidente. Come non essere d’accordo? Ma accanto alla fantasia dovrà correre il senso di responsabilità e l’impegno, della parte politica e quella tecnica, a fare presto, là dove si può, per portare a termine opere pubbliche finanziate come la Rieti-Torano,  importantissima per dare al territorio reatino una chance di sviluppo.
In chiusura del lungo Consiglio,  dulcis in fundo, si è parlato di Dimensionamento scolastico. Si è detto che si farà qualsiasi cosa non comporti spesa. Qualsiasi richiesta da parte di scuole e comuni sarà accolta, ma senza oneri per la Provincia. L’unica promessa possibile è che si busserà quotidianamente alle porte regionali.
Agli studenti, da poco tornati alla normale attività scolastica dopo alcuni giorni di azioni di protesta, e  incontrati qualche giorno fa in Provincia, il presidente Rinaldi, invece, ha rivolto un invito: “ Serve generosità verso i compagni meno fortunati. Le scuole di Rieti sono in condizioni decisamente migliori rispetto a quelle di Cittaducale e Passo Corese”.
Parole condivisibili sotto tutti i profili, compreso quello educativo. In un momento di crisi ognuno, qualsiasi età abbia e qualsiasi funzione svolga, dovrebbe esercitare più solidarietà e responsabilità. La stessa generosità la chiedono i cittadini a chi oggi deve attuare, presto e bene, la riforma Delrio. Senza dimenticare che i tagli, certo, fanno male e a soffrirne saranno soprattutto i cittadini, ma che oggi si sconta quanto di sbagliato, soprattutto in termini di sprechi , si è fatto ieri.



giovedì 22 maggio 2014

Un voto per l'Europa

Un mese trascorso all'estero mi ha tenuto lontano dalla campagna elettorale delle elezioni europee. Ne ho sperimentato solo una settimana e sono contenta di essermi risparmiata la frustrazione da ascolto di insulti reciproci, confusione tra temi di politica interna e quelli europei affrontati sbrigativamente, ansia di vittoria da capitalizzare dopo le elezioni contro o a favore dell'attuale governo. Ma il peggio sono state le urla del comico genovese a cui, in questi ultimi giorni, si sono aggiunte minacce di processi on line per tutti quelli che non sono rimasti folgorati dai suoi confusi e sbrindellati messaggi.

Mi chiedo come, in tutto questo delirante bailamme, possa essersi formata una decente opinione pubblica e con quale consapevolezza si andrà a votare per la governance del Parlamento europeo. Quanto si è spiegato il ruolo giocato da Bruxelles nella vita dei cittadini italiani? Cosa rappresenta l'Ue per i cittadini europei? Per quali ragioni è nato l'Euro? Temo non si sia parlato troppo di questo ed è sull'ignoranza che giocano gli euroscettici e quelli che propongono l'uscita dalla moneta unica.

Quello che si è fatto, mi sembra, è stato di inseguire chi è riuscito e riesce ad ottenere il consenso, ( troppo consenso), giocando sulla rabbia ( giusta rabbia), la frustrazione ( comprensibile frustrazione), il risentimento ( costruito con anni di promesse mancate), l'ignoranza.

Di fronte alla prospettiva solo sfascista ( mi scuso per un termine ormai consumato, ma non ne trovo altri) sarebbe servito che si spiegasse in modo piano ed emozionale ( senza emozione la politica è muta) che il governo dell'Europa è ormai importantissimo per i suoi cittadini, quanto, se non più, dei governi nazionali.

Che si spiegasse che il voto di domenica è altra cosa rispetto a quello politico e che la cosa più utile per noi è mandare gente preparata a rappresentarci. Gente preparata, perchè la politica è l'arte più difficile e l'improvvisazione non paga. “ In uno Stato di mille cittadini è impossibile che cento o anche cinquanta acquisiscano la scienza del governo degli uomini in modo adeguato. Se fosse così la politica sarebbe la più facile delle arti”, scrive Platone nel “Politico”.

Si è preferito inseguire, piuttosto che avere la pazienza di spiegare che il processo dell'Unione Europea, iniziato dal progetto di Ventotene, in piena seconda guerra mondiale, non è ancora concluso e che chi andrà a Bruxelles dovrà ( se saprà farlo) portarlo avanti.

Anche l'informazione televisiva, ma non solo, ha scelto di giocare la partita politica degli schieramenti e dell'avanspettacolo invece che rendere consapevoli, soprattutto i giovani, delle tante similitudini esistenti tra la crisi che vive il nostro sistema democratico e liberale e quella che mise fine con una marcia su Roma a quello prefascista.

Tutti i soggetti pubblici sembrano non capire che si sta giocando col fuoco amplificando la voce e le urla della reazione e del populismo. I sistemi democratici sono fragili quando manca la cultura civile della condivisione di valori. Ce lo insegna la storia del novecento, con i totalitarismi incistati là dove le democrazie erano troppo deboli. Oggi il mondo è cambiato e la consapevolezza degli italiani è cresciuta, certo, ma la confusione è tanta e i nuovi strumenti tecnologici sono spesso veicolo di trasmissione di menzogne, ignoranza, contagi molesti.

Ho sentito Renzi in televisione dire che se il Pd riceverà consenso l'Italia potrà andare in Europa a schiena dritta e fare da locomotiva nel dare nuovo corso ad una politica europea che ha prodotto soprattutto burocrazia, mentre dimenticava questioni fondamentali come la politica estera, quella sul lavoro e sull'immigrazione. Credo abbia ragione. E' chiaro che se il Governo in carica sarà indirettamente rafforzato dal voto ( e se riuscirà a fare le riforme promesse) potrà far dimenticare le colpe di chi lo ha preceduto.

Noi siamo tra i peggiori attuatori delle norme della Comunità europea e i peggiori utilizzatori degli strumenti che essa mette a disposizione. Non si può negare che la nostra reputazione in Europa sia bassa per colpa dei nostri governi deboli ed incapaci di autoriformarsi; per il ritardo con cui hanno attuato la legislazione comunitaria; per un debito pubblico immenso e dovuto ad un sistema partitocratico tanto invasivo quanto non più sostenibile.

“ Tra il 1953 e il 1998 si registrarono ben 355 ricorsi alla Corte di Giustizia in cui l'Italia viene citata per non aver adempiuto ai suoi obblighi: il doppio rispetto alla Francia e il triplo rispetto alla Germania”, scriveva Tommaso Padoa Schioppa nel libro “ Europa cuore gentile”.

L'Europa, come i mercati, conosce le nostre responsabilità. Sembra che ad ignorarlo, o a fingere di non saperlo, siano quelli che puntano il dito contro Bruxelles, facendo leva sul nazionalismo. contro l'Euro. E' davvero difficile calcolare gli effetti di un ritorno a monete nazionali nel mercato globale. Per l'Italia, particolarmente, con la crisi produttiva che abbiamo, sarebbe devastante.

L'Ue è figlia di una “tragica lezione della storia” ( Padoa Schioppa), nata per unire nazioni che si sono massacrate con due guerre mondiali. L'Euro è nato per far corrispondere l'integrazione monetaria a quella economica ( oggi necessario più che mai per far fronte al mercato globale). Di errori se ne sono fatti tanti e il coordinamento delle politiche economiche dei singoli governi è mancato.

Detto ciò, credo che oggi, più che mai, sia necessario andare a votare per il cambiamento e per l'avanzamento di un processo integrativo di cui non possiamo fare a meno se non vogliamo dare ai nostri figli un futuro senza speranza. Checchè ne dicano i tanti che sembrano ignorare le lezioni della Storia.



sabato 8 marzo 2014

Malala, per un 8 marzo ottimista

8 Marzo, giorno di contraddizioni. Da una parte c'è il rituale di una commemorazione malintesa e fatta propria dal sistema del consumismo: la Giornata internazionale della donna è nata per sottolineare le asprezze e le difficoltà della condizione femminile, non per istituire una festa. Dall'altra c'è quello della denuncia delle discriminazioni e le violenze che ancora oggi le donne subiscono, in diverse gradazioni e forme nella gran parte del mondo. Compresa la civile Europa.

Secondo recenti stime della Agenzia Ue per i diritti fondamentali (Fra), 62 milioni di donne (più dell'intera popolazione italiana)  hanno subito in Europa, violenze fisiche e sessuali. Violenze spesso taciute, come dice il direttore del Fra Morten Kjaerum, parlando di  «diffusa violazione dei diritti umani in tutti gli Stati dell'Ue». E in Italia ormai è un quotidiano rincorrersi di notizie di donne ammazzate.

Di donne che nessuno è in grado di proteggere, nonostante spesso denuncino violenze da parte di uomini più vicini. Uomini di famiglia. Qualcosa che getta nello sconforto.

Eppure non tutto è negativo. Per dirne solo una, questo è il primo 8 marzo che vede un governo italiano formato per metà da donne ed un Parlamento dove la componente femminile è alta. Una cosa non proprio diffusa e che fa pensare che anche in un paese conservatore come il nostro molto stia cambiando. Anche per questo mi sembra utile lasciar stare le querimonie, cercando, invece ,di guardare al futuro con ottimismo. 

Un futuro che sarà sempre più dominato, nel bene e nel male, dal ruolo giocato dalle nuove tecnologie. Un fenomeno che gioca a favore delle donne. In nessun posto accade, ad esempio, come nel caso dei social network, di vivere una sostanziale parità di genere. E quali e quante possibilità nuove possono aprirsi per le donne grazie ai nuovi strumenti legati alla telefonia ed alla comunicazione globale?

Qualche giorno fa, a Londra ad un evento organizzato dalla Fondazione Vodafone, intitolato «Connected Women Summit», insieme a tante donne che hanno raccontato di come siano state aiutate dall'uso di un cellulare nel campo lavorativo, nell'accrescimento dell'empowerment (processo di crescita della propria autostima e di sviluppo delle proprie competenze e capacità), nella salute, nel superamento della solitudine , nell'istruzione, c'era anche Malala Yousafzai.

Malala è una adolescente pachistana di sedici anni, scampata per un soffio alla morte dopo un attentato talebano, candidata al premio Nobel per la pace. A soli 11 anni, grazie ad un blog, Malala ha iniziato a denunciare la terribile condizione delle ragazzine nelle zone del Pakistan dominate dalla cultura tribale talebana. Per le donne, spesso spose bambine, non c'era altro destino che l'ignoranza imposta e una vita senza speranza.

L'intelligenza di una ragazzina coraggiosa e il web sono state una miscela esplosiva. Malala è presto diventata un simbolo della lotta per i diritti delle bambine e delle donne. Ma anche una pericolosa avversaria, per i talebani. A quattordici anni, all'uscita dalla scuola, è stata ferita, insieme a due compagne, con sei colpi di pistola. Solo la sua notorietà l'ha salvata.  Trasportata all'estero con un aereo governativo, è stata operata ed è viva. E per nulla piegata dalla paura. A soli 11 anni rilasciò un'intervista in cui diceva «Non importa se devo sedere sul pavimento a scuola. Tutto quello che voglio è l'istruzione. E non ho paura di nessuno».

Ora che di anni ne ha sedici, nonostante viva sotto scorta, lontana dal suo paese, Malala continua a non avere paura e a portare dove può lo stesso messaggio: per le donne l'unica possibilità di uscire dallo stato d'inferiorità e di soggezione passa per l'istruzione. Per l'istruzione, il coraggio e la presa di coscienza che il mondo può diventare migliore se alle donne viene data la possibilità di contribuire a renderlo tale disponendo anche dei loro talenti, invece che costringerle a subire una condizione di minorità e di violenza.

La sera dell'Oscar è stata premiata come migliore attrice Cate Blanchett. Ricevendo il premio, l'attrice australiana ha detto “quanti nel nostro settore si aggrappano ancora, scioccamente, all'idea che i film che parlano di donne, con protagoniste donne, siano esperimenti di nicchia sbagliano. Non lo sono. Il pubblico vuole vederli e anzi, fanno un sacco di soldi”. E mentre scrosciavano gli applausi ha aggiunto: «Il mondo è rotondo gente!».

Sì, il mondo è rotondo e rispetto al pregiudizio negativo verso la parte femminile, con le dovute eccezioni, è alquanto uguale. Ma oggi il mondo è connesso e difficilmente si potrà fermare la voglia di renderlo migliore. Una voglia che hanno donne e uomini armati di buona istruzione e di cultura dei diritti umani. Malala ne è uno straordinario esempio. Ma ogni donna, nel suo piccolo, oggi ha più possibilità di ieri di rifiutare il silenzio e la solitudine. 

giovedì 27 febbraio 2014

Accountability per cambiare passo

Qualche giorno fa ho scritto che la vera notizia da dare al tempo della bufera scatenata sull'assessore Cecilia, indagato per abuso edilizio, era che lo stesso aveva lasciato che l'analisi dei lavori di Largo S.Giorgio fosse portata avanti dal dirigente dell'Ufficio urbanistico in assoluta libertà. Oggi la vera notizia è che il partito più frantumato che ci sia, il Pd, sembra aver trovato il collante giusto per compattarsi. Cosa che al tempo delle elezioni comunali mancò e che diede, per questo, la vittoria a Simone Petrangeli.

Il segno dell'unione trovata è il “ Documento politico del partito democratico di Rieti-26.02.2014” presentato ieri pomeriggio, 26 febbraio, nella sede del Pd di Rieti con una conferenza stampa. In sintesi si chiede al sindaco di sottoscrivere un “ cronoprogramma” per cose da realizzare “concretamente” prendendo in considerazione “ tutte le proposte e le esigenze delle forze politiche di maggioranza, incluse quelle del Partito Democratico”

Le proposte elencate parlano di riduzione dei “ costi delle politica “, di innalzamento del livello della “ trasparenza e legalità” ( da praticare e non solo predicare), di “condivisione” del “ percorso strategico per la salvaguardia” delle aziende partecipate; di abbattimento del “ blocco burocratico”costituito dai tecnici confermati e dirigenti esterni nominati; di valorizzazione dei dipendenti comunali di cui oggi si mortificano le competenze, mentre si combattono “ crociate” contro il “ presunto malaffare”.

E ancora, si parla di superamento della “gestione ragioneristica” del Bilancio Comunale” al fine di reperire fondi per agevolazioni fiscali per i negozianti colpiti dalla crisi, anche attraverso la rinegoziazione del contratto con la Saba; di sviluppo urbanistico “ancorato ad un piano strategico” che nasce dal contributo di tutti i soggetti interessati e dalla predisposizione di una “ variante al P.r.g.”; di servizi sociali “ potenziati” dal taglio alle spese dell'amministrazione.

E' evidente, dalla breve sintesi fatta sopra che il Pd chiede più di un “ cambio di passo”, chiede proprio una revisione dell'azione amministrativa fin qui portata avanti dal sindaco, troppo “autorerenziale”.

Se si volesse buttare tutto in caciara si potrebbe dire che il documento è solo un gioco delle parti. Si potrebbe elucubrare sulle “ esigenze” di un partito che fa piagnistei per ottenere solo qualche assessore e delega in più. E si potrebbe anche discutere sulla qualità della scelta degli assessori espressi e sul contributo dato dal Pd in questi quasi due anni di amministrazione. Sì, volendo si potrebbe anche ridicolizzare l'ultima minaccia di “ non tornare indietro”, come dice con forza il consigliere Bernardino De Marco.

Il ricordo di una crisi di agosto, finita con il quasi sberleffo della nomina del nono assessore Giuli, vicinissimo al sindaco a cui portò una buona fetta di consensi pescati nel sindacato, è lì a segnare un precedente memorabile dell'atteggiamento di Petrangeli verso il partito che l'aveva provocata.

Si potrebbe sminuire, certo, ma quello che si legge sul documento ha a che fare con un sentimento diffuso d'insoddisfazione che non può essere liquidato come malpancismo del Pd. L'autoreferenzialità, l'arrocco, la sordità verso la domanda di cooperazione delle categorie sociali, non solo del sindaco, ma dell'intera Giunta, è esperienza comune. Meglio, è frustrazione comune. Una frustrazione che sembra non essere percepita da chi vive nel “ palazzo” e che arriva da una città sempre più rassegnata e più contendibile dalla destra, forse anche da un M5S che in città ha ricevuto un consenso notevole alle ultime politiche.

Ma cosa farà il Pd se non seguirà il cambio di passo chiesto col documento? Difficile dirlo. La risposta alla domanda, rivolta più o meno da tutti i giornalisti presenti, è stata improntata alla cautela. Con l'eccezione di De Marco, tutti hanno scelto il low profile , il basso profilo polemico. D'altronde, se è vero, che il Pd reatino oggi appare unito come raramente è stato in passato, restano divisioni con il segretario regionale Melilli, oggi più vicino al sindaco che alla segreteria cittadina.

Con questo, non si vuole alludere alla famosa “ pax romana” tra Petrangeli e Pd regionale ( e all'attenzione che si deve a Sel, alleato riluttante del Pd, ma sempre potenzialmente alleato), bensì ad una diversa visione, forse, sull'opportunità o meno di scatenare una crisi al buio non priva di conseguenze per un centrosinistra che, dopo aver creato tante aspettative, ha fortemente deluso.

Una delusione più volte sottolineata da chi scrive e che Petrangeli e la maggioranza farebbero bene a cominciare a considerare con più serietà. Il sindaco ama ripetere che il suo partito è la città. Francamente non si vede. Il Pd scrive cose condivisibilissime, ma per ora è sembrato fare solo bizze mettendoci di suo poco e male. Forse è arrivato il momento di fare sul serio e di cominciare a lavorare seriamente e insieme, se non si vuole far pagare ai reatini le proprie incapacità a governare una situazione oggettivamente difficile.

Il nuovo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel discorso alle camere ha parlato di accountabiliy, termine inglese intraducibile. Accountability sta ad indicare il senso di responsabilità che si deve ai soggetti che ci eleggono o ci nominano. Non esiste un termine corrispondente in italiano forse perchè nella nostra cultura politica il concetto di responsabilità verso gli elettori non è particolarmente sentito. Cambiare passo oggi deve significare un più alto livello di accountability, niente altro.



lunedì 17 febbraio 2014

Andrea Cecilia: un assessore corretto

Se vogliamo, la vera notizia è che un dirigente dell'ufficio tecnico urbanistico lavori in piena autonomia e con attenta vigilanza sull'attività urbanistica comunale, nonostante l'assessore di riferimento ne possa essere in qualche modo danneggiato. Più ancora, è fatto non proprio ordinario che l'assessore non faccia nulla per tentare lo sviamento.

Nella vicenda di Largo S.Giorgio, opera di recupero di uno spazio abbandonato all'usura del tempo per farne un luogo culturale a disposizione della città, è accaduto esattamente questo. Ad essere stati sequestrati, dopo l'ordinanza emessa dalla Procura sono state due soltanto delle tre “ Officine” realizzate dalla Fondazione Varrone. Come mai?

Semplice, perchè la prima, quella adibita ad auditorium, è stata già dichiarata inagibile dall'ufficio tecnico comunale dallo scorso anno. E se i due edifici restanti sono stati chiusi per ordinanza della Procura è soltanto perchè le procedure amministrative sono ben più lunghe di quelle che deve percorrere il tribunale ( che non rischia il ricorso al Tar, ad esempio), altrimenti, forse, lo avrebbe fatto il Comune stesso. Da quanto mi risulta, l'ufficio tecnico urbanistico ha richiesto relazioni sui lavori alla Fondazione Varrone, ancora attese.

Non entrando nelle ragioni per cui non è stata percorsa la procedura corretta per l'opera donata dalla Fondazione alla città ( qualcuno dice che non si tratta di donazione ma di atto dovuto per statuto, ma è altra questione), è innegabile che, se da progettista e direttore dei lavori si può dire che Andrea Cecilia, ormai ex assessore all'Urbanistica, forse ha compiuto un errore ( ma sta alla Procura verificarlo e dirlo), da assessore non gli si può attribuire alcuna scorrettezza.

E la destra, che oggi sta usando l'ordinanza come una clava con cui colpire Cecilia, la Fondazione Varrone, la maggioranza tutta, mostra una impudenza inaccettabile alla luce dei pasticci compiuti nei venti anni di gestione comunale.

Pur avendo mosso critiche, anche forti, verso questa maggioranza, è difficile non fare confronti con quelli di ieri e sui tanti pesi giudiziari a carico della dirigenza del settore urbanistico governato dalla destra. Per questo, pur non condividendo alcune rigidità, forse anche ideologiche, alcune scelte e, soprattutto, la poca “ condivisione” delle stesse con i tanti stakeholders dell'urbanistica e dell'edilizia cittadina che tante volte hanno sollecitato coinvolgimenti, è difficile non riconoscere che, accanto ad errori, va apprezzato lo sforzo di ricondurre l'attività amministrativa alla massima regolarità.

Cecilia, diventato assessore, si è dimesso immediatamente da ogni attività che avrebbe significato conflitto d'interessi. E, ripeto, nulla ha mai fatto per ammorbidire o sviare la cura del dirigente, Maurizio Silvetti, nel verificare la correttezza dei lavori che lo coinvolgevano come progettista.

Quando si conobbe la giunta assemblata dal neo sindaco Petrangeli, scrissi che l'unico neo era rappresentato dall'assessore all'Urbanistica, in odore, forse, di qualche conflitto d'interesse. La fine era già scritta. Chiamare un tecnico a ricoprire un compito tanto delicato è sempre un rischio. Farlo con un tecnico così impegnato nei lavori pubblici e privati della città ha prestato il fianco a quanto sta accadendo oggi.

Da una intervista fatta al presidente dell'Ordine degli ingegneri di Rieti, di alcuni mesi fa, emerse chiaramente come da noi sia stato sempre facile sbagliare l'iter procedurale a causa di una organizzazione “ a dir poco approssimativa” del settore urbanistico che metteva chiunque a rischio di sequestro di cantieri avviati o di opere finite. Non so se questo sia il caso, ma va da sé che l'approssimazione delle regole espone sempre al rischio di errori e atti giudiziari.

Oggi la maggioranza comunale è indebolita. Molto si deve alla maggioranza stessa, ma moltissimo alla difficoltà incontrate nel rimettere a regime di regolarità un sistema comunale che ha prodotto debiti e disorganizzazione complessiva della macchina amministrativa.

La damnatio memoriae, la cancellazione della memoria, era una pratica del diritto romano antico riservata ai nemici di Roma. Cancellarne la memoria serviva a non lasciare ai posteri alcuna traccia del loro passaggio nella vita pubblica. Ai reatini conviene, invece, tenere bene presente che molto di quanto accade oggi dipende da quanto combinato da quelli che ora strepitano, dimentichi, sembra, delle responsabilità personali o indirette di ieri.



mercoledì 12 febbraio 2014

Intervista ad Antonio Polidori, Segretario FLAI CGIL Rieti. La parola alla Cgil. Mattatoio: come trasformare un problema in risorsa. Rieti, un sistema impoverito dalla pratica del consenso e del lavoro ottenuti grazie al “ piacerucciu”

Dopo l'incontro tardivo di Petrangeli con le forze sindacali ho voluto chiedere ad Antonio Polidori, sindacalista della Cgil, di parlare di una vicenda molto più seria di quello che potrebbe apparire. Quello che è accaduto in questi giorni intorno al mattatoio è qualcosa di più dell'ennesimo fattaccio di cronaca politica comunale. Chi ci amministra, dice Polidori, credo saggiamente, ha il dovere di mostrare discontinuità nelle prassi e nella ricerca delle soluzioni, con metodi lineari e trasparenti. Sempre che abbia a cuore davvero lo sviluppo di questa città. Compreso quello della cultura politica e civile che ci danna e ci trasforma in palude sociale da sempre.


Cercando informazioni sulla vicenda mattatoio mi è capitato d'incontrare Cisl e Uil, ma non Cgil. Come mai?

Forse bisogna ricostruire bene i fatti accaduti, nego che la Cgil sia rimasta fuori. Semplicemente non siamo apparsi sulla stampa con comunicati e iniziative simili, perchè per noi la questione mattatoio è delicata e complessa. E per questo abbiamo un'idea negativa di come è stata gestita.

In che senso?

Nel senso che anziché fare quanto si è fatto solo giovedì scorso, il 6 febbraio, convocando le parti sociali in ritardo e costringendoci a sapere le cose attraverso il solito vociare paesano, o attraverso articoli di stampa e comunicati, sarebbe stato meglio scegliere vie lineari, trasparenti e tempestive. Ma forse qualcuno ha voluto giocare una personale partita

Ovvero?

Beh, abbiamo visto il casino che si è creato all'interno della Giunta, tra Pariboni e il Sindaco. Leggere il comunicato di un vicesindaco che dice che siccome non è d'accordo riconsegna la delega
è paradossale. La delega mica è un pret a porter!

Da quanto ha detto a me il suo problema nasceva da difficoltà più volte rappresentate. Forse è stato un gesto di esasperazione.

Sì, ma al di là delle questioni di merito e delle ragioni che possono aver determinato il gesto, è singolare che un assessore, nonché vicesindaco, su una vicenda che la trova in disaccordo dice che riconsegna una delega e tiene tutto il resto. Io vorrei partire da lì per dire che il problema è davvero serio.

Ma voi che posizione avete oggi?

Allora, per noi le questioni centrali sono due. La prima è che a Rieti non si può perdere più neanche un posto di lavoro. Particolarmente nel settore dell'agroindustria che, dati alla mano, ha un andamento anticiclico rispetto agli altri. La seconda è che bisogna cominciare dalla testa e non dalla coda. Il mattatoio è comunale ed è gestito da dirigenti comunali. La prima questione è capire che tipo di gestione è stata fatta da questi dirigenti. Per noi qualsiasi discorso che punti alla salvaguardia di posti di lavoro e al rilancio di una attività di tipo industriale e commerciale deve registrare un atto di discontinuità che può essere prodotto solo dal Comune. Questa è la nostra posizione, ampiamente condivisa da tutti alla fine dell'incontro col Sindaco.

Che tipo di “ discontinuità”? Mi dicono che i mattatoi comunali ormai sono pochissimi. Visto che questa struttura crea disavanzo, per il Comune ed i cittadini, non sarebbe meglio liberarsene?

Intanto va detto che strutture come quella del mattatoio hanno un rapporto stretto con la salute del cittadino. Proprio per questo la gestione pubblica è quella ottimale, visto che è quella che garantisce il controllo, insieme alla Asl. Poi, non è vero che ci sono pochi mattatoi comunali. Ce ne sono tanti la cui gestione è affidata in tutto o in gran parte a cooperative e privati. Quello che conta è concentrarsi sulla qualità di gestione ed obiettivi. Da noi potrebbero essere obiettivi industriali e commerciali in una prospettiva di filiera. Poi, va rafforzato il ruolo di controllo, di verifica e d'indirizzo dell'ente comunale. La cosa paradossale è che mentre i dirigenti comunali hanno, dovrebbero avere, responsabilità sui risultati che ottengono, in questo caso sembra che nessuno sia chiamato a rispondere dei pessimi risultati ottenuti col mattatoio.

Da quanto ne so il dirigente che con più continuità si è occupato della struttura è l'ingegner Cricchi.

Esatto. Forse qualche spiegazione dovrebbe darla. E da quanto si dice in giro, nella soluzione trovata c'è molto di suo.

Così si dice. Ma riprendiamo il discorso della filiera e degli obiettivi industriali e commerciali.

Bene. Intanto va detto che dove si è voluto affrontare i problemi con volontà e serietà i risultati a Rieti ci sono stati. Prendiamo il caso delle ex cooperative dell'Inalca, una fabbrica che, nonostante fosse “coccolata” da Cremonini, da sei anni navigava in condizioni di disavanzo di bilancio pesanti. Ogni anno c'erano mesi di cassa integrazione ordinaria. All'interno si erano stratificate cooperative locali di servizio e c'era una sostanziale mancanza di governo. Il risultato è stato una somma di ingiustizie per i lavoratori, debito e una quasi certa chiusura. Una follia vera per quello che dicevo prima: l'industria agroalimentare ancora tira, aumentando il fatturato.

Anche a Rieti?

Anche a Rieti. Certo, molto si deve all'Inalca. Abbiamo fatto un lavoro serio di analisi di quello che non andava che ha portato al risanamento. Inalca ha ripreso a riassumere e nell'ultimo anno sono stati assunti quaranta operai con contratto a tempo indeterminato.

Una buona notizia

Sì, ma la cosa assurda è che nessuno ci chiede grazie a quale magia, alchimia, siamo riusciti a non far chiudere una fabbrica e a far ripartire un sistema aziendale che sembrava irrecuperabile.

E come avete fatto?

(Ride). Ci siamo messi intorno ad un tavolo ed abbiamo ragionato.

Ma concretamente che avete fatto?

Avendo capito che ad essere fuori controllo era la governance della fabbrica, per responsabilità dei dirigenti ma anche, per quello che si era stratificato nel tempo, abbiamo cominciato da lì. La situazione era che una parte dei lavoratori, spesso in cassa integrazione, si erano adagiati al sistema, mentre altri, quelli che io chiamavo lavoratori di serie “b”, non avevano nessuna voce in capitolo e venivano chiamati a lavorare in condizioni pessime.

I non garantiti, insomma. Quelli che in un sistema come il nostro non godono di alcuna tutela.

Esatto. E insomma, si era creata una situazione lavorativa davvero brutta, di lavoro nero, sottopagato, schifoso. Una situazione alimentata anche dalla pratica locale di lavorare chiedendo “ u piacerucciu”. Una pratica che è diventata sistema e che ha prodotto consenso per la politica e mancato sviluppo per la città. Con quel sistema magari un lavoro lo trovi, ma poi devi stare a testa bassa e “ zittu”. E se la alzi hai solo la porta. Tanto c'è sempre uno fresco di “ piacerucciu”.

Brutta cosa.

Sì, ma la cosa peggiore, ribadisco, è che un sistema siffatto è destinato a restare povero. E a questo punto torno al mattatoio. La vicenda non è di adesso. Una decina di anni fa, con la prima crisi Inalca si aprì un ragionamento, sponsorizzato proditoriamente dall'allora ministro Alemanno e poi incrociato con i vari Psr regionali, come quello del “ Polo Carni Rieti”, ennesima occasione mancata di questo sistema politico e sociale incapace di andare oltre, di pensare alto invece che restare accosciato sul sistema del “piacerucciu” e dello sfruttamento.

Ti seguo. E condivido che è questo il punto dolente. Credo anche io che il progetto da cui era nato il “ Consorzio Polo carni Qualità Rieti”, finanziato dalla regione Lazio sia stata una delle grandi occasioni perdute.

E' da lì che bisogna ripartire e chiedersi anche come mai un mattatoio che macella novemila capi l'anno, che ha una potenzialità produttiva del doppio e su cui era stato fatto uno studio tecnico di filiera, è ridotto in questo modo. Che gestione c'è stata? Chi l'ha ridotto in quel modo? I circa 500mila euro secchi della macellazione, in una gestione corretta, non sarebbe stato sufficiente a pagare il lavoro di 15, massimo venti lavoratori a partita iva che lavorano solo due volte la settimana? Da dove arriva il disavanzo?

Ipotesi?

Una può essere che si siano fatto figurare come spese del mattatoio cose che non c'entrano niente. Qualcuno dice questo. Ma qualsiasi cosa sia le responsabilità sono sempre di tipo gestionale e di controllo.

Ma oggi come te la spieghi la scelta di dare la gestione ad una cooperativa di tipo B?
Qualcuno sostiene con diverse forzature, anche di tipo anche legale.

Posso dire solo che è una soluzione che non sta in piedi. Almeno in una prospettiva di miglioramento gestionale e produttivo di una struttura pubblica e in quella della trasformazione di un problema in risorsa. C'erano diverse possibilità, quella scelta, peraltro transitoria, è una non soluzione. Oltre a tutto, essendo arrivati all'ultimo secondo utile, ci si è arrivati nel modo peggiore.

Ma ora che si fa? Si può tornare indietro?

Si deve, per le ragioni dette fino ad ora. La prima è non far perdere una opportunità produttiva alla città e men che meno posti di lavoro. La seconda è che il Comune dovrebbe scegliere la discontinuità rispetto ai papocchi del passato. Terzo, è folle che in un periodo di crisi per tutti i settori non si lavori alla valorizzazione dell'unico che ancora tira. Il mercato c'è, basta essere intenzionati ad arrivarci. Quarto, lo ribadisco, va tenuto presente che la carne finisce nei piatti dei reatini.

Sì, ma ora c'è una cooperativa che ha vinto un bando. Che si fa?

Nell'immediato bisogna cercare una soluzione tecnica per non interrompere l'attività del mattatoio.

E' questo che avete deciso nell'incontro col Sindaco?

Sì. Certo, non sarà facile trovarla. Ma ora la soluzione sta nelle mani di chi ha fatto il pasticcio. Non sarà facile, ci sono mille vincoli da tener presente.

Ma Cgil come potrebbe contribuire?

Noi possiamo mettere a disposizione il nostro know how di riorganizzazione e di relazioni industriali. Teniamo presente che sul nostro territorio esiste una filiera quasi naturale fatta di mercato locale e di una una attività industriale importante come Inalca. 10 anni fa Cremonini era interessato alla gestione del Mattatoio. Sarebbe utile verificare se lè ancora interessato e se la produzione locale si può incrociare con quella industriale.

L'incontro col Sindaco come si è chiuso?

Sembra bene, con intenti costruttivi. Mi sembra chiaro che la questione richiede l'impegno comune di amministrazione comunale, sindacato e di chiunque possa mettere a disposizione know how e visioni strategiche di filiera. Senza di che si rinuncerebbe a far crescere una potenzialità locale di rilievo che vuol dire posti di lavoro, sviluppo, economia vera.

Un rischio che da noi si risolve sempre in perdita di occasioni, purtroppo. Grazie per la disponibilità.


giovedì 6 febbraio 2014

Mattatoio comunale: un vero macello: Che ci azzecca con la gestione di una struttura complessa e delicata come un mattatoio una coperativa sociale di tipo B?

Oportet ut scandala eveniant”. Evangelicamente parlando, talvolta è necessario creare lo scandalo se si vuole risolvere un problema. Quindi ha fatto bene l'assessore Pariboni ad esporre quanto sta avvenendo col mattatoio comunale. Il problema è la fine che deve fare una struttura pubblica al centro dell'ennesimo scontro interno alla maggioranza comunale, ma sullo sfondo c'è quello, ben più grave, di una amministrazione azzoppata e di una sindacatura a guida Petrangeli che, nonostante le buone intenzioni, rischia di danneggiare pesantemente una città già in ginocchio.

Dopo un paio di giorni spesi a capire torti, ragioni e responsabilità, cercando di risalire ad una impossibile verità sui motivi per cui si è deciso di esternalizzare un servizio delicato come è quello svolto da un mattatoio, coniugando la ricerca del risparmio con obiettivi di tipo sociale, ne ho tratto solo una certezza: le stranezze, le spaccature all'interno della maggioranza comunale, la tracimante invasività di una segretaria generale che forse prende troppo alla lettera il termine “generale”, rendono tutto irrimediabile.

E' irrimediabile il cattivo funzionamento di una macchina burocratica ferita da troppi eventi giudiziari, provvedimenti amministrativi, risentimenti, ripicche, incapacità a creare un clima di contesto motivante per le persone, dipendenti che ormai tremano anche nel mettere una firma. E' irrimediabile la tensione che negli uffici e tra le componenti della maggioranza politica si taglia col coltello. Tutti contro tutti, mentre qualcuno lavora come può, senza soldi e tra mille difficoltà. Ma sono due, non di più ( Di Paolo e Mariantoni, tanto per fare nomi)

In una situazione del genere, con una macchina tanto ingolfata, con un debito caricato sulle spalle sempre più strette e disilluse dei cittadini, nemmeno un Fangio redivivo potrebbe sperare di conquistare un traguardo. E ormai Petrangeli sta dimostrando di essere ben lontano dalla statura di un campione. Lo dico con dispiacere, ma così appare. E' questo che impedisce di trovare soluzioni ad un problema di relativa difficoltà come può essere quello del Mattatoio. Va da sé che per quelli più seri quello che si prospetta è ben peggio.

Ma per entrare nel tema mattatoio, occorre partire da diversi mesi fa, quando ragioni di imprecisato bilancio hanno imposto il problema di cosa fare del servizio comunale deputato alla macellazione degli animali. Dico imprecisato, in quanto, stando all'assessore alle Attività Produttive Emanuela Pariboni, intralciata nella sua attività dal continuo ruotare dei dirigenti ( ma forse anche da una personale difficoltà a ricoprire un ruolo a cui si richiede coraggio, autorevolezza e forza di iniziativa), non si è mai arrivati a definire esattamente il costo dei servizi di gestione, né l'ammontare del disavanzo della struttura, per discrepanze sui dati tra i due dirigenti Cricchi e Dionisi. Per il primo la situazione è meno grave di quella prospettata dal secondo.

Va da sé che è difficile assumere decisioni senza una buona collaborazione con dirigenti e con le componenti della Giunta. E se non si lavora in sintonia il risultato difficilmente è quello buono. Così, mentre l'assessore Pariboni avrebbe percorso la via del risanamento economico, della ottimizzazione delle spese ( ad esempio smaltire gli scarti come biomasse), dell'offerta di altri servizi ( ad esempio il lavaggio dei camion) per mantenere la qualità del servizio, dell'offerta e la non penalizzazione delle professionalità operanti nel mattatoio, dopo un tira e molla di carteggi, il 30 Dicembre scorso il Comune ha deliberato per l'esternalizzazione.

D'accordo, si dirà che esternalizzare di per sé non è un male. Vero, ma se si decide di affidare un servizio tanto delicato e complesso, come quello di un mattatoio, ad una cooperativa sociale di tipo B, ignorando le difficoltà che si creano a lavoratori “ veri”, nel senso di professionalmente attrezzati, e già operanti, per un certo tipo di lavoro e di servizio, tanto quanto quelle create agli utenti/clienti, bene non è.

Soprattutto, se si dice ai lavoratori “ veri” che l'esternalizzazione sarà preceduta da un bando al quale potranno partecipare se si organizzeranno in cooperativa. Cosa che faranno, per poi scoprire che la tipologia di cooperativa “punto e basta” non andava bene, perchè il bando parlava solo di cooperativa di tipo B e, guarda caso, la scadenza coincideva esattamente con il giorno in cui sarebbe nata la cooperativa “punto e basta”. La fine è nota: l'affidamento è andato, diretto e senza ostacoli, alla cooperativa sociale di tipo B. E se i lavoratori “ veri” lo vorranno potranno continuare a lavorare nel mattatoio facendone parte.

E' non da dire che, con i chiari di luna che abbiamo, perdere un lavoro val bene una resa. E qualcuno o molti, alla fine, obtorto collo, si adatteranno a dipendere non dal Comune ma da un presidente di cooperativa sociale di tipo B.

Ma cosa sono queste cooperative? Sono aziende non profit, senza scopo di lucro, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate come “ gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiari condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione ( previste dagli articolo47, 47-bis, 47-ter e 48 della Legge 26 luglio 1975, n.354. Come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n.663).

Non serve un grande acume per chiedersi: ma che ci azzecca la gestione di un mattatoio con una cooperativa che ha specifiche e peculiari scopi sociali? E come può un mattatoio gestito da una cooperativa di questo tipo usare il Bollo CEE per l' indicazione di origine protetta, che l'Europa consente per alimenti prodotti in condizioni di massima “reputazione”? Oggi il Bollo è sotto la responsabilità della dottoressa De Angelis Daniela, addetta all'autocontrollo ed anagrafe bovina e non troppo convinta di accettare la resa.

E' difficile capire il perchè di una simile decisione. Si possono fare ipotesi. C'erano le famose borse lavoro da sistemare e si è pensato di salvare capra e cavoli. Quando manca la vera trasparenza restano solo le domande. Ad esempio, perchè il sindaco Petrangeli non ha mai risposto ai fax inviati dai due sindacalisti della Cisl e della Uil? E come può un sindaco di Sel, informato dello scontro tra le due cooperative (alla presenza della Digos), arrivate per lavorare ( già, perchè la documentazione riguardante l'esternalizzazione non è ancora all'albo pretorio. Sembra manchi la firma di...non si sa chi la deve firmare), come può, ripeto, domandare :” Cosa c'entrano i sindacati con i lavoratori atipici”?

Oportet ut scandala eveniant”. Evangelicamente parlando, talvolta è necessario creare lo scandalo se si vuole risolvere un problema. Quindi ha fatto bene l'assessore Pariboni ad esporre quanto sta avvenendo col mattatoio comunale. Il problema è la fine che deve fare una struttura pubblica al centro dell'ennesimo scontro interno alla maggioranza comunale, ma sullo sfondo c'è quello, ben più grave, di una amministrazione azzoppata e di una sindacatura a guida Petrangeli che, nonostante le buone intenzioni, rischia di danneggiare pesantemente una città già in ginocchio.

Dopo un paio di giorni spesi a capire torti, ragioni e responsabilità, cercando di risalire ad una impossibile verità sui motivi per cui si è deciso di esternalizzare un servizio delicato come è quello svolto da un mattatoio, coniugando la ricerca del risparmio con obiettivi di tipo sociale, ne ho tratto solo una certezza: le stranezze, le spaccature all'interno della maggioranza comunale, la tracimante invasività di una segretaria generale che forse prende troppo alla lettera il termine “generale”, rendono tutto irrimediabile.

E' irrimediabile il cattivo funzionamento di una macchina burocratica ferita da troppi eventi giudiziari, provvedimenti amministrativi, risentimenti, ripicche, incapacità a creare un clima di contesto motivante per le persone, dipendenti che ormai tremano anche nel mettere una firma. E' irrimediabile la tensione che negli uffici e tra le componenti della maggioranza politica si taglia col coltello. Tutti contro tutti, mentre qualcuno lavora come può, senza soldi e tra mille difficoltà. Ma sono due, non di più ( Di Paolo e Mariantoni, tanto per fare nomi)

In una situazione del genere, con una macchina tanto ingolfata, con un debito caricato sulle spalle sempre più strette e disilluse dei cittadini, nemmeno un Fangio redivivo potrebbe sperare di conquistare un traguardo. E ormai Petrangeli sta dimostrando di essere ben lontano dalla statura di un campione. Lo dico con dispiacere, ma così appare. E' questo che impedisce di trovare soluzioni ad un problema di relativa difficoltà come può essere quello del Mattatoio. Va da sé che per quelli più seri quello che si prospetta è ben peggio.

Ma per entrare nel tema mattatoio, occorre partire da diversi mesi fa, quando ragioni di imprecisato bilancio hanno imposto il problema di cosa fare del servizio comunale deputato alla macellazione degli animali. Dico imprecisato, in quanto, stando all'assessore alle Attività Produttive Emanuela Pariboni, intralciata nella sua attività dal continuo ruotare dei dirigenti ( ma forse anche da una personale difficoltà a ricoprire un ruolo a cui si richiede coraggio, autorevolezza e forza di iniziativa), non si è mai arrivati a definire esattamente il costo dei servizi di gestione, né l'ammontare del disavanzo della struttura, per discrepanze sui dati tra i due dirigenti Cricchi e Dionisi. Per il primo la situazione è meno grave di quella prospettata dal secondo.

Va da sé che è difficile assumere decisioni senza una buona collaborazione con dirigenti e con le componenti della Giunta. E se non si lavora in sintonia il risultato difficilmente è quello buono. Così, mentre l'assessore Pariboni avrebbe percorso la via del risanamento economico, della ottimizzazione delle spese ( ad esempio smaltire gli scarti come biomasse), dell'offerta di altri servizi ( ad esempio il lavaggio dei camion) per mantenere la qualità del servizio, dell'offerta e la non penalizzazione delle professionalità operanti nel mattatoio, dopo un tira e molla di carteggi, il 30 Dicembre scorso il Comune ha deliberato per l'esternalizzazione.

D'accordo, si dirà che esternalizzare di per sé non è un male. Vero, ma se si decide di affidare un servizio tanto delicato e complesso, come quello di un mattatoio, ad una cooperativa sociale di tipo B, ignorando le difficoltà che si creano a lavoratori “ veri”, nel senso di professionalmente attrezzati, e già operanti, per un certo tipo di lavoro e di servizio, tanto quanto quelle create agli utenti/clienti, bene non è.

Soprattutto, se si dice ai lavoratori “ veri” che l'esternalizzazione sarà preceduta da un bando al quale potranno partecipare se si organizzeranno in cooperativa. Cosa che faranno, per poi scoprire che la tipologia di cooperativa “punto e basta” non andava bene, perchè il bando parlava solo di cooperativa di tipo B e, guarda caso, la scadenza coincideva esattamente con il giorno in cui sarebbe nata la cooperativa “punto e basta”. La fine è nota: l'affidamento è andato, diretto e senza ostacoli, alla cooperativa sociale di tipo B. E se i lavoratori “ veri” lo vorranno potranno continuare a lavorare nel mattatoio facendone parte.

E' non da dire che, con i chiari di luna che abbiamo, perdere un lavoro val bene una resa. E qualcuno o molti, alla fine, obtorto collo, si adatteranno a dipendere non dal Comune ma da un presidente di cooperativa sociale di tipo B.

Ma cosa sono queste cooperative? Sono aziende non profit, senza scopo di lucro, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate come “ gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiari condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione ( previste dagli articolo47, 47-bis, 47-ter e 48 della Legge 26 luglio 1975, n.354. Come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n.663).

Non serve un grande acume per chiedersi: ma che ci azzecca la gestione di un mattatoio con una cooperativa che ha specifiche e peculiari scopi sociali? E come può un mattatoio gestito da una cooperativa di questo tipo usare il Bollo CEE per l' indicazione di origine protetta, che l'Europa consente per alimenti prodotti in condizioni di massima “reputazione”? Oggi il Bollo è sotto la responsabilità della dottoressa De Angelis Daniela, addetta all'autocontrollo ed anagrafe bovina e non troppo convinta di accettare la resa.

E' difficile capire il perchè di una simile decisione. Si possono fare ipotesi. C'erano le famose borse lavoro da sistemare e si è pensato di salvare capra e cavoli. Quando manca la vera trasparenza restano solo le domande. Ad esempio, perchè il sindaco Petrangeli non ha mai risposto ai fax inviati dai due sindacalisti della Cisl e della Uil? E come può un sindaco di Sel, informato dello scontro tra le due cooperative (alla presenza della Digos), arrivate per lavorare ( già, perchè la documentazione riguardante l'esternalizzazione non è ancora all'albo pretorio. Sembra manchi la firma di...non si sa chi la deve firmare), come può, ripeto, domandare :” Cosa c'entrano i sindacati con i lavoratori atipici”?

Così mi racconta sconsolato il sindacalista della Cisl, Marroni, mentre dice di non capire il perchè il sindaco abbia scelto la via della cena tra la Cooperativa di tipo B e qualcuno della cooperativa di lavoratori “veri”, per cercare di favorire l'accordo. Non sarebbe stato meglio scegliere la trasparenza che produce un confronto? Domande.









giovedì 16 gennaio 2014

Il gran rifiuto di Joseph Polimeni. Ceffone a Rieti




Alla notizia della nomina del nuovo Dg della Asl di Rieti ho fatto quello che ogni giornalista fa, ho cercato notizie, ho sollecitato contatti per avere notizie, ho interrogato il web per mettere insieme l'identità del dottor Joseph Polimeni. A primo acchito l'impressione è stata buona. A parte il nome di esotica origine americana, cosa di per sé non spiacevole ( almeno per chi scrive), dalle cose trovate emergeva un profilo di manager formato alla scuola della sanità toscana. Una delle migliori in Italia. Benissimo, mi sono detta, forse Zingaretti ci ama.


La formazione è importante e ancorchè sia noto a tutti che la nomina a direttore generale di una asl ha natura squisitamente politica, nel senso che l'incaricato è braccio esecutore della politica sanitaria della maggioranza regionale, tuttavia la competenza e la capacità di declinarla, più o meno bene, ha la sua importanza. L'ultimo Dg Gianani insegna: al manager pubblico è richiesto di saper miscelare opportunamente autonomia di azione e disciplina. Se questo non succede sono guai per l'ecosistema sanitario locale. Chiamiamolo così.

Sono bastate poche ore per annullare la fatica della ricerca di notizie. Il dottor Polimeni, attuale direttore sanitario di Lucca, a poche ore dalla nomina, ha fatto il “ gran rifiuto”.

 A venire a Rieti, a dirigere una azienda sanitaria malconcia e forse in dismissione, visto che si parla da tempo di accorpamento con Viterbo, l'attuale Direttore Sanitario di Lucca,  non ci pensa proprio. Una notizia caduta come una travata sulla testa non solo di chi fa informazione ma, a quanto pare, di politici e sindacalisti, pronti a stracciarsi le vesti per l'entusiasmo con pubblici e repentini comunicati.


Ormai la politica non ci risparmia nulla. Sembra che tutto avvenga con improvvisazione e metodi che della serietà fanno scarsissimo uso. Si procede arrancando più che avanzando verso obiettivi chiari e ben calcolati. E' mai possibile che sia annunci un incarico senza avere la certezza dell'accettazione da parte dell'incaricato? E l'incaricato si mette volontariamente in un elenco di candidature con la clausola di salvaguardia personale del rifiuto se la sede non è gradita? O forse qualcuno non ha gradito che lui si candidasse lasciando il posto ricoperto ora ( qualcuno dice che il suo attuale Dg, presente in lista non abbia gradito lo scavalco).


Comunque sia andata, sembra che a decidere tutto, procedura per la selezione dei manager e scelta degli stessi, sia stato Zingaretti. Avere un responsabile in un paese dove non ce ne sono mai, è già qualcosa. Se Zingaretti ha sbagliato, a lui oggi va chiesto di riparare il danno. L'unica riparazione seria è una seconda scelta più qualificata della prima. La nostra sanità è in sofferenza. La nostra Asl è fortemente a rischio di perdita di autonomia.


L'accorpamento con la Asl di Viterbo è più di una chiacchiera e come ho già avuto modo di scrivere in passato, alla luce della nostra condizione complessiva di arretramento ( mi dispiace non poter condividere la soddisfazione del sindaco Petrangeli per l'apprezzamento ottenuto dalla classifica del Sole24Ore. Sono preoccupatissima per la mia città ) non andrà a nostro vantaggio.


Zingaretti ha consentito di dare a Rieti l'ennesimo ceffone. Chi ci rifiuta dà di noi l'immagine di un territorio non appetibile, anzi. Spetta a Melilli ( che almeno si è risparmiato la figuraccia di unirsi al coro degli auguri), Refrigeri, Mitolo ( nel Dicembre scorso aveva annunciato una svolta per la sanità locale), Petrangeli e tutti i sindaci di questa provincia ( ancora lo è) di pretendere una immediata riparazione e di conoscere senza più vaghezze il destino della nostra sanità.


Di più per ora non si può dire. Anche per non correre il rischio di fare la medesima brutta figura di chi ha prodotto i fatti di oggi e di chi ha esultato e augurato senza contare fino a dieci.