giovedì 29 novembre 2012

Urbanistica " cartina di tornasole"


Ha straragione Andrea Cecilia, ingegnere e assessore della nuova maggioranza comunale, quando dice che l'urbanistica non è solo edilizia. Ricordarlo serve e come in un paese come l'Italia ed in un territorio come quello reatino, dove da decenni si sacrifica l'ambiente alle esigenze del mercato delle costruzioni, considerando il saccheggio di suolo la colonna portante, quasi unica, di quello economico. Un sacrificio senza sacralità e senza altra prospettiva che l'accumulo forsennato di guadagni e di cubature ormai in esubero rispetto ai bisogni demografici.

Ha ragione l'assessore Cecilia a sostenere una urbanistica pensata come recupero del tessuto urbano ed è sacrosanto che un amministratore si preoccupi del futuro di una città abbandonata da troppo tempo all'ingordigia di un Moloch senza prospettive e qualità, come è il settore edilizio. Un Moloch sempre in marcia e senza indirizzo, avendo ai suoi comandi la politica.

Il paesaggio rappresenta una cartina di tornasole, un test per intendere come il cittadino vive se stesso in rapporto all´ambiente e alla comunità che lo circondano”,dice Salvatore Settis, archeologo, storico dell'arte e giurista, in una intervista. Che rapporto ha il reatino con il suo ambiente? Da troppo tempo di puro opportunismo . Ogni spazio è vissuto come vuoto da riempire, invece che da valorizzare. Si agisce come se esistesse solo un dissennato presente. Un presente miope, spiccio, indifferente alla qualità ed incapace di pensare alle generazioni future.

Quanta gratitudine e rispetto proviamo difronte alla bellezza delle città rinascimentali? Quanto orgoglio nutriamo nell'attraversare piazze e vie rese immortali dall'amore per il bello che ne hanno guidato la realizzazione e che ci fanno ammirare dal mondo? E quali sentimenti proveranno i nostri pronipoti nei confronti dei brutti quartieri dove vivranno e di anonimi spazi rubati alla natura? Ogni volta che si agisce in modo invasivo nei confronti dell'ambiente, del paesaggio e della fisionomia urbana bisognerebbe chiederselo.

Ha ragione l'assessore Cecilia, l'urbanistica deve puntare al recupero ed alla riqualificazione di quartieri obsoleti e delle aree dismesse. Soprattutto, ha ragione nel dire che l'urbanistica non può prescindere dall'idea generale di città, dalle attività produttive e dallo sviluppo che si vogliono favorire. Se l'idea di città è quella a cui sta lavorando l'assessore all'ambiente Ubertini, la eco compatibilità dovrebbe essere la caratteristica fondante della nuova urbanistica reatina.

Una urbanistica attenta all'uso razionale delle fonti rinnovabili e dell'energia, disegnata per un territorio dove si favorisce la promozione della green economy in tutte le declinazioni possibili . Dove si incentivano produzioni nuove, come quella della coltivazione del luppolo, materia prima necessaria alle due aziende d'eccellenza produttrici di birra della nostra provincia: quella di “ Alta quota”, di Cittareale, reduce da un recente successo ottenuto al Salone del gusto di Torino grazie alla birra spalmabile, realizzata in collaborazione con la Cioccolateria di Napoleone di Rieti, e quella di Borgorose, “ Birra del borgo”.

Un territorio dove il turismo può diventare realisticamente concorrenziale grazie ad un Terminillo che diviene parco e che ammoderna le sue infrastrutture sciistiche, oltre che ad una storia francescana messa a sistema e capace di renderci unici ed attrattivi, nonostante la povertà delle infrastrutture viarie, creando lavoro. La recente indagine del Sole24Ore ci vede come provincia al 101nesimo posto su 107 per appeal turistico. Inutile recriminare e perdere tempo ad inseguire le responsabilità. Quello che conta è che da uno stato tanto miserabile si esca al più presto.

Alla luce di quanto detto, ha ragione l'assessore Cecilia anche a non essere convinto dai programmi integrati realizzati dopo un bando della precedente amministrazione, considerando che sarebbe la continuazione di ciò che è stato: cementificazione e degrado di una città trattata come generica periferia, invece che come storica città capace di custodisce e valorizzare i suoi tratti identitari.

Ha torto, però, l'assessore, lo dico con il rispetto che merita una persona prestata da poco alla politica e sicuramente competente e desiderosa di far bene, a non comprendere le esigenze di coloro che, rispondendo ad un bando comunale di ieri, oggi vorrebbero conoscere al più presto che fine faranno i progetti per cui stipularono con le banche contratti di fideiussione, oltre che le prospettive del loro settore produttivo, a detta di tutti in crisi.

E sarebbe utile sapere quale tipo di strumento urbanistico ritiene essere più efficace per una edilizia di qualità e sostenibile. Pensa sia meglio tornare all'antico, ovvero al Prg, che, con le sue varianti e grazie alla 167, ha consentito alla politica di cambiare in peggio il volto della nostra città e delle sue periferie, oppure crede che a favorire l'edilizia rigeneratrice si presti di più lo strumento “ piano integrato di riqualificazione urbana”?
E cosa pensa esattamente, Cecilia, dell'Urban Center, nato a Rieti quando era assessore Chicco Costini? Come ogni strumento, un Urban Center può essere usato bene ( in tante città italiane, e non, funziona benissimo) o male. Può essere un progetto che resta sulla carta, oppure a creare uno spazio necessario al confronto, alle proposte, all'informazione, al dibattito ed alla trasparenza. Cose necessarie a fare dell'urbanistica qualcosa di molto diverso rispetto a ciò che è stata fino ad oggi. Una differenza di cui questa città ha un grande bisogno.


lunedì 12 novembre 2012

Le proposte inedite di Silvio Gherardi

Il debito accertato dal faticosissimo lavoro dell'assessore al bilancio Marcello Degni sfiora ormai i 100 milioni. Una follia. Una follia che oggi si spiega meglio: chi doveva controllare la gestione comunale non ha controllato, cominciando da sé: le società esterne di Carlo latini e Massimo Morelli, a cui la vecchia maggioranza, aveva delegato il controllo gestionale, pur avendo tecnici interni nella capacità di farlo, non lo hanno fatto, incassando 450.000 euro per un lavoro mai svolto. Sempre che le accuse di oggi saranno confermate.

Carlo Latini per i reatini è noto per essere stato Sovrintendente della Fondazione Flavio Vespasiano quando arrivavano tanti soldi per il “ Reate Festival”dal braccio lungo di papà Stato sollecitato alla generosità da Gianni Letta. Quando i soldi sono finiti, l'esperto di marketing si dimise.

Molto stimato dall'ex assessore alla cultura Gianfranco Formichetti: “..il Sovrintendente Carlo Latini gode della unanime fiducia del Consiglio di amministrazione della Fondazione...non solo perchè deve essere a pieno titolo considerato uno dei protagonisti del successo ottenuto ma anche un manager capace di tenere i conti e i risultati di bilancio in perfetto ordine”, diceva Formichetti in una intervista, Latini ha sempre suscitato perplessità nell'opposizione. Lo testimonia una interrogazione comunale di Giorgio Cavalli e l'attuale presidente del Consiglio Marroni, IdV , riguardo al Reate Festival nel 2011.

L'ex Sovrintendente più amato dalla destra reatina, ex segretario del Psi di Terni negli anni '80, venne prontamente ricollocato. Dopo le dimissioni di Luigi Gerbino da presidente della Asm, a pochi giorni dalla scadenza del mandato di sindaco di Emili, Latini fu prontamente chiamato a sostituire Gerbino. Simone Petrangeli, allora in campagna elettorale,definì la scelta come un “ colpo di mano di una coalizione allo sbando”. Oggi quelle parole suonano più che veritiere.

Con l'accusa di concorso in peculato sono all'arresto domiciliare il dirigente del settore finanziario comunale, Antonio Preite e Carlo Latini, mentre Massimo Morelli, meno noto, ha il divieto di dimora a Rieti. Le indagini sono in corso, non c'è che aspettare il seguito. L'impressione è che ne vedremo delle belle.

Proprio quando la città veniva attraversata dalle notizie cominciate a trapelare dalla tarda mattinata, Silvio Gherardi, presidente ed amministratore delegato della Baxter, azienda fortunatamente non piegata dalla crisi e premiata a Londra, nel 2011 con lo “ Innovation Award di Cisco” per la produzione ed applicazione di nuove tecnologie, del tutto casualmente, teneva una conferenza stampa.

Candidato sindaco dall'area di centro in zona Cesarini, battuto insieme ad Antonio Perelli da Simone Petrangeli, medico, membro della Giunta di farmindustria, Vice Presidente Esecutivo di Assobiomedica e Presidente del gruppo Emoderivati di farmaindustria, soprattutto galantuomo ( mi si consenta un termine desueto e demodè, ma non ne trovo altri migliori per uno come Gherardi), il consigliere d'opposizione teneva una conferenza stampa con cui invitava i cittadini a partecipare alla vita politica per il bene di Rieti; muoveva qualche critica, in forma gentile ma decisa, all'attuale giunta e faceva proposte per evitare al Comune una fine impietosa.

Il rischio del commissariamento, in effetti, è sempre accucciato dietro l'angolo di una situazione debitoria ancora non scoperta del tutto.

Silvio Gherardi è quello che si dice un rappresentante della società civile prestato alla politica. Lo si capisce dall'uso del non politichese, dal pragmatismo senza ritualità e da alcune ingenuità concettuali di nomenclatura politica. Gherardi parla di “ stato etico”, suscitando qualche brivido in chi scrive, ma poi chiarisce che intende parlare di uno Stato che agisce nel rispetto della legalità e non di Stato “ assoluto” , di “ Leviatano” a cui l'individuo deve sottostare in tutto.

La sua è una destra liberale che guarda alla famiglia come valore principale (con totale coerenza personale); al rispetto delle regole come fattore di buon governo, alla tradizione come collante per le radici, alla collaborazione politica trasversale come metodo per affrontare le difficoltà: “ togliamoci le casacche”, dice.

Proprio in questa ottica ha avanzato una proposta che può essere scartata come peregrina tanto quanto può essere accolta come ciambella di salvataggio su cui riflettere per governare l'attuale difficoltà comunale. Gherardi propone di costituire una sorta di Direttorio, organo formato da quattro persone competenti e riconosciute come credibili e vicine all'anima della città ( Cicchetti lo è) che integrino l'ordinaria attività degli organi amministrativi.

E' una evidente deroga alla normalità. Ma il “ normale” è una categoria voluttuaria in tempi complicati come il nostro. Le quattro persone dovrebbero essere, Petrangeli, Melilli, Cicchetti e Gherardi stesso. Lascio agli altri giudicare la proposta.

Mi limiterò a dire che nella cultura anglosassone esiste la tradizione del “ think tank”, serbatoi di pensiero, luoghi di riflessione e di elaborazione di strategie politiche, economiche, militari e quant'altro. Se la proposta di Gherardi si indirizza verso questa forma, ben venga.

Durante la conferenza stampa il dottor Gherardi ha toccato i diversi ambiti amministrativi, dall'urbanistica al Terminillo, dalla mancanza di regia per l'attività di Giunta alla situazione economica delle aziende reatine, dalla critica all'accorpamento di urbanistica e lavori pubblici nello stesso assessorato alla necessità di allargare la maggioranza.

“ Speriamo di non perdere i soldi ottenuti per il progetto Plus. Ed i piani integrati che fine faranno?”. “ Mi è stato detto da Ciocchetti, vicepresidente della regione Lazio, che stanno aspettando i progetti per 20 milioni di euro assegnati dalla regione per il Terminillo”. “ La relazione di Regnini, presidente della Camera di Commercio, sulla situazione del commercio reatino è devastante”. Dice.

Né lascia fuori la questione della Provincia accorpata con Viterbo. “ E' bene fare del tutto per salvare la Provincia, ma stare con Viterbo potrebbe significare un vantaggio enorme. I settori dell'agricoltura ed il turismo potrebbero crescere con grande vantaggio per l'economia”. Anche in questo caso Gherardi fa una proposta inedita. “ Per risolvere la questione su chi deve assumere il compito di provincia, Rieti o Viterbo, propongo il “ Capoluogo diffuso”, una delle due città diventerebbe sede istituzionale, l'altra sede delle istituzioni economiche”. Una proposta seria.

Nel giorno degli arresti e delle brutte notizie la conferenza stampa è suonata come una pacca sulle spalle dei reatini ed un invito a reagire. Per qualcuno Gherardi ha solo voglia di ricollocarsi politicamente . Io che al sospetto preferisco il rischio dell'errore credo si tratti solo di passione politica ed amore per Rieti, dimora d'elezione. L'importante è che ci sia un seguito. Ma a questo punto l'onere della risposta spetta agli altri. Simone Petrangeli in primis. Mi scuso per la lunghezza, ma a volte s'impone.


venerdì 2 novembre 2012

La provincia non c'è più. Basta piagnistei


Azzerate, cancellate senza se e senza ma in un sol colpo. Nessuno ci credeva. Molti non ci speravano. Mercoledì scorso il Consiglio dei ministri ha licenziato il decreto legge che ridisegna la mappa delle Province. Un decreto calato come una mannaia sulle attuali Giunte provinciali che saranno soppresse dal primo gennaio 2013. L'appena tornato presidente Melilli sarà il curatore finale di un riordino che si spera sarà per i reatini, diventati viterbesi, il meno doloroso possibile. Soprattutto per chi in Provincia lavora.
Quello del riordino è' un vero uragano per un sistema amministrativo che va “ rottamato” per la semplice ragione che è vecchio. Vecchio, costoso e farraginoso con tutta la burocrazia che produce.
Una burocrazia che crea posti di lavoro dati per favore e pagati con i soldi dei contribuenti, mentre soffoca ogni iniziativa privata. Da anni ormai viviamo la violenza della forza centrifuga di attività produttive perdute. Il tramonto del bel tempo che fu quando Rieti sognò di diventare industriale. Attività produttive fuggite da un territorio sempre più povero ed incapace di individuare la propria vocazione economica, dopo aver rinunciato a creare infrastrutture moderne, pur essendo Provincia.
Peggio di così, per i tanti disoccupati, sottoccupati, cassintegrati, non più aiutati dal sistema degli “lsu” e simili, non può andare. Il cambiamento può rappresentare un'occasione, invece, per una scossa salutare.
Le grida sulla “ abolizione delle giunte demagogica”, di Fabio Melilli e simili, sono solo gli ultimi fuochi di una classe di amministratori preoccupati più di conservare che di innovare, anche contro l'evidente necessità di farlo posta dalla crisi. Chi oggi vede in Monti un nemico pecca solo di miopia e dell'incapacità di accettare i cambiamenti che la globalizzazione impone. Le province dovevano essere abolite tutte. I padri della riforma del Titolo V, la sinistra, lo hanno impedito. Il riordino attuale è quanto è stato possibile fare da parte dell'attuale Governo.
Che cosa succederà ora? Dal primo gennaio 2013 la Giunta provinciale verrà soppressa. Resterà il presidente Melilli che potrà delegare l'esercizio di funzioni a non più di tre consiglieri provinciali. Il nuovo assetto servirà a consentire la gestione ordinaria nella fase di transizione e ad approvare il bilancio di previsione entro il 30 maggio. Qualora le scadenze non venissero rispettate il governo nominerà un commissario. Ma Melilli è persona capace e sicuramente le rispetterà ( a meno che non gli convenga fare il contrario. L'amico Fabio mi perdoni la malizia).
A novembre del prossimo anno ci sarà il voto. Saranno elezioni di secondo livello con i 16 consiglieri provinciali che verranno eletti dai consiglieri comunali in carica e dai sindaci. Il nuovo Consiglio provinciale, a pieno regime da gennaio 2014, eleggerà il presidente. Per tanti presidenti colpiti dal coltellaccio della Spending review quello di Monti è un vero e proprio commissariamento ed un ritorno al centralismo.
Un centralismo che la revisione del Titolo V della Costituzione, di fatto responsabile di aver lasciato sopravvivere costituzionalmente le province in nome della gestione intermedia e della sussidiarietà, ha dovuto aggirare con il riordino.
A riordino ormai avvenuto, ed irreversibile, come promette Patroni Griffi, ministro della Funzione Pubblica, il presidente della Provincia di Rieti, Fabio Melilli, “ di concerto” con il sindaco, Simone Petrangeli, ha convocato per venerdì 9 novembre alle ore 15.30 l'assemblea dei sindaci della provincia di Rieti.”Sarà l'occasione per decidere le azioni da mettere in campo di fronte ad una scelta che rischia di indebolire il territorio e l'economia reatina”. E' scritto sul sito della Provincia. E' il solito annuncio ? Si prenderanno decisioni? E quali?
Qualche giorno fa, Vincenzo Ludovisi, segretario provinciale del Pd, ha scritto un intervento molto ragionevole intitolato “ Riordino fatto, adesso?”. Senza piagnistei, pragmatico, come lo è il termine “ adesso”, Ludovisi ha posto il problema principale del nostro territorio: la eccessiva frammentazione. Abbiamo troppi e troppo piccoli comuni.
Una realtà non più sostenibile con la scomparsa della nostra Provincia. La proposta di ridurre il numero dei comuni dai 73 di oggi a quello di 10-15 sembra l'unica sensata. In Valsamoggia, Emilia Romagna, 5 comuni si sono già fusi. E' un buon esempio da seguire per i sindaci che si incontreranno il 9 Novembre. Coglieranno l'”occasione” per fare finalmente qualcosa di utile per il territorio? Vedremo.

Terremoto dell'Aquila: una sentenza che fa scandalo e giustizia


Certo, la sentenza dell'Aquila che condanna sette membri della Commissione Grandi Rischi per aver troppo rassicurato gli abruzzesi nei confronti del terremoto, può avere come conseguenza uno stato di allerta continuo ogni volta che si appalesi la possibilità di una calamità naturale, ma pone su tutto la delicata questione delle responsabilità delle istituzioni verso la giusta e doverosa prevenzione ed informazione dei cittadini sui reali pericoli che su di loro incombono.

Pericoli che il degrado ambientale e idrogeologico, i cambiamenti climatici, l'abusivismo, gli inevitabili sommovimenti naturali rendono inevitabili. Una inevitabilità accresciuta dalla superficialità con cui si agisce e che causa le famose “tragedie annunciate” che da noi restano sempre impunite. Quasi un milione di persone, per dire, vivono alle pendici del Vesuvio. La sentenza dell'Aquila non restituisce i morti, ma è un caso raro in cui per chi resta a piangere i propri cari c'è almeno un po' di giustizia.

Giustizia, certo, perchè la questione posta dalla sentenza più scandalosa al mondo ( dovunque si è stigmatizzato la condanna di “ scienziati”) non è quella di pretendere che i membri della Commissione prevedessero quello che sarebbe successo. Nessuno, per ora, è in grado di prevedere terremoti. La vera questione è la disinformazione pubblica. E' stata la scelta di chi aveva il compito di proteggere di nascondere il pericolo, invece di comunicarlo nella dovuta maniera, ad essere stata condannata.

Da quanto si capisce oggi l'ex Direttore del Dipartimento della Protezione Civile Bertolaso chiese di negare i rischi, evidenti a tecnici e scienziati della Commissione. Lo dicono gli scambi intercettati di una telefonata tra lui ed il professor Enzo Boschi, al tempo presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Meglio non allarmare. La Commissione ( oggi Boschi ne parla come di un errore) sciaguratamente ubbidì. In questo caso la scienza è diventata ancella della ragion di stato che chiedeva di nascondere la verità.

E' stata la negazione della funzione della scienza: difesa della verità oggettiva di cui si dispone contro ogni pregiudizio e panzana. La condanna dei membri della Commissione, dovuta al giudice monocratico Marco Billi, è esattamente l'opposto di quanto asserito dal ministro dell'ambiente Clini, che l'accosta a quella contro Galilei. Lo scienziato pisano rischiò la pelle per sottrarre la libertà scientifica alle costrizioni del potere. I membri della Commissione ci si sono adattati.

Un adattamento che ha portato a quello che in miei precedenti articoli sul tema ho definito addomesticamento della paura. Un addomesticamento costato, insieme alle responsabilità di chi non ha controllato lo stato di edifici come la casa dello studente, 300 morti. Un costo che dovrebbe suggerire di fare della la Protezione Civile un presidio ben organizzato ed efficiente della sicurezza dei cittadini contribuenti dovunque. Non è così. Almeno nella nostra regione non è così.

Dopo una chiacchierata con Crescenzio Bastioni, del Cer, Corpo Emergenza Radioamatori, c'è poco da stare allegri. Nel Lazio il problema non è tanto la carenza di risorse disponibili, bensì quello organizzativo. Di volontari ce ne sono migliaia, ma il risultato è una polverizzazione di circa 500 associazioni, a cui arrivano finanziamenti distribuiti senza bando né trasparenza, prive delle necessarie programmazione e cabina di regia.

Solo un esempio. In occasione del terremoto dell'Emilia, le colonne mobili di Marche ed Umbria (circa 80 volontari che allestiscono tendopoli e assicurano assistenza) sono arrivate sul posto dopo 12-14 ore. Quella del Lazio dopo 12 giorni. Mentre a Rieti esistono 27 soggetti di protezione civile in competizione tra di loro ed incapaci di fare rete. Da parte sua la Provincia ha mal dislocato e mal usato ( per il turismo) le strutture abitative realizzate con fondi della Protezione Civile, destinate alle popolazioni in caso d'emergenza.

Ma ci sono anche delle eccellenze, come il Cer. L'associazione, molto presente sui social network, vive di autofinanziamento ed opera a favore della formazione di nuovi volontari e dell'informazione. Tra le attività del Cer ci sono progetti come “ Scuola sicura” che ha coinvolto seimila scolari delle elementari e quello, premiato dalla Presidenza della Camera dei Deputati “ Persona informata..mezzo salvata”, con cui 2000 abitanti del centro storico reatino vengono dotati di una guida pratica in caso di emergenze.

Ma a che punto è il famoso Piano di Protezione Civile, pronto e tenuto nel cassetto dall'amministrazione precedente, con tante polemiche tra l'ex assessore Boncompagni ed il sindaco Emili? E' ancora in attesa di approvazione. Un'attesa che si giustifica, certo, con il disastro generale, non solo di bilancio, trovato dalla nuova amministrazione, ma che espone anche il nuovo sindaco al rischio di essere accusato di inadempienza, visto che entro ottobre andava approvato.

Secondo l'Organizzazione metereologica mondiale, ogni dollaro investito nella prevenzione ne farebbe risparmiare 7 spesi in assistenza umanitaria e ricostruzione. Qualcuno spiega la bassa attenzione verso la prevenzione con l'argomento del cinismo. L'emergenza mette in circolo molti più soldi. Come dimenticare quelli che mentre l'Aquila e dintorni si sbriciolava su poveri corpi “ ridevano” pensando agli affari che avrebbero fatto?

In conclusione vorrei approfittare per rivolgere al sindaco Petrangeli , persona sicuramente sensibile, una preghiera. Il terremoto dell'Aquila ha prodotto tre giovani vittime: Luca, Valentina e Michela. Sarebbe bello che a loro si dedicasse uno spazio della memoria. Memoria di chi non c'è più, ma anche memoria di ciò che causa l'incuria umana.