sabato 28 maggio 2011

Se la Commissione sottovaluta i rischi-All'Aquila sette commissari a giudizio

In un articolo mai pubblicato ( non piaceva al direttore del giornale con cui collaboravo), scritto poco dopo il disastroso terremoto dell'Aquila, dove tre giovani reatini, Luca Lunari, Valentina Orlandi, Michela Rossi, persero la vita, sostenevo che la Protezione Civile aveva dato il meglio di sé nella fase della gestione dell'emergenza, ma che aveva fallito in quella della prevenzione e della previsione. Il compito più difficile e delicato.

Riprendo il tema, alla luce del clamoroso rinvio a giudizio per omicidio colposo dei sette componenti della Commissione Grandi Rischi deciso il 25 aprile dal tribunale dell'Aquila. Una Commissione che due anni fa, in un incontro durato una trentina di minuti circa, aveva stabilito che non c'erano motivi per allarmare la popolazione aquilana. L'atto disciplinare non ha precedenti, in quanto attribuisce responsabilità legate alla funzione di valutazione dei rischi e di efficace informazione della popolazione. Cosa mai avvenuta prima.

Che in occasione del lungo sciame sismico, si sia fatto a gara nel rassicurare, invece che alzare il livello della vigilanza, e' scritto nelle cose avvenute. E non è inutile ricordarlo. In una notte di inquietanti avvertimenti dati dalla natura (le scosse duravano da sei mesi), il 6 Aprile molti erano rimasti all'interno di edifici dati per sicuri. Lo erano gli abitanti del territorio aquilano, lo erano tanti giovani arrivati nel capoluogo abruzzese per studiare. E' stata la fiducia nelle rassicurazioni ricevute dagli “ esperti”che portò anche un giornalista aquilano, Giustino Parisse, a tranquillizzare la figlia adolescente spaventata dalla scossa che precedette quella fatale.

Figlia adolescente sepolta , poi, insieme al fratello, dalle macerie dell'abitazione. E se anche un osservatore delle cose locali, uno che le segue e approfondisce per professione, si sentiva tranquillo, vuol dire che all'Aquila davvero molto, troppo, è stato sottovalutato e ignorato.

Si sono ignorati segnali sismici e relazioni premonitrici, come quella fatta nel 1988 dalla Soprintendenza dei Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici per l'Abruzzo, ad esempio, dove veniva segnalata la vulnerabilità di infrastrutture pubbliche come il palazzo del Governo. Così racconta Claudio Panone, ingegnere, allora architetto della Soprintendenza. Si sono ignorate le 400 scosse nel solo mese di gennaio. Si ignorarono i timori delle lesioni denunciate viste dagli ospiti della Casa dello Studente. Un alveo vuoto, ormai, a via XX Settembre, dove si è sbriciolato un edificio di cinque piani che poteva ospitare 119 studenti.

Si ignorava persino a chi spettasse l'obbligo delle verifiche sullo stato dello studentato: alla Regione o all'Adsu ( Azienda per il Diritto agli Studi Universitari)? Anche dopo il disastro si è fatto a gara a scaricare la proprietà che sembra essere della Regione. E anche il 31 marzo del 2009, alla Riunione Commissione Grandi Rischi, si è fatto a gara a chi la metteva più sulla generica e vaga scientificità nell'analisi del fenomeno sismisco in atto. Non sono mai riuscita a finire la lettura del verbale, copia ricevuta dal padre di Luca Lunari, senza provare la stessa impressione che mi faceva la parodia di Collodi dei medici intorno a Pinocchio.

Oltre alle generiche analisi sulla natura degli eventi sismici, al punto intitolato“ discutere e fornire indicazioni sugli allarmi diffusi nella popolazione”, Barberi, allora Commissario della Protezione Civile, concludeva che” non c'è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere precursore di un forte evento”.

Da non esperta e consapevole che alla luce del poi è facile aver ragione, mi continuo ad interrogare se una sequenza di scosse possa “escludere” il forte evento come ne esclude la necessità . La domanda è posta in una prospettiva di prevenzioni future. La giustizia sta facendo il suo corso, anche seguendo percorsi coraggiosi ed insoliti per alzare il livello della responsabilità di chi ha il compito di proteggere i cittadini. Quello che dobbiamo chiederci è se anche le istituzioni preposte alla funzione stiano facendo altrettanto.

venerdì 20 maggio 2011

Ultime elezioni: ha vinto la democrazia

I regimi democratici sono così, quando meno te lo aspetti recuperano un'energia che sembrava esaurita. E' successo in molti comuni della provincia sabina, dove si sono tenute le elezioni, quanto auspicavo in uno dei miei ultimi approfondimenti: il ricambio come segno di sano e libero gioco democratico. 

A Fiamignano è subentrato al sindaco Rinaldi (Pdl) lo sfidante Lucentini (Pd); a Collalto sabino ha vinto la lista di Polverini, ottenendo l'elezione di un proprio sindaco, Cesare D'Eliseo, che succede a Giovanni Giorgi; a Fara Sabina ha vinto il candidato sostenuto dalla destra, strappando per nemmeno un centinaio di voti il governo comunale alla sinistra. 

E sempre a Fara Sabina, la terza forza sfidante, quella di "Sabina virtuosa", per Campanelli sindaco, ha ottenuto un dignitosissimo consenso, 5,37% , un mattone buono per la politica locale che dalla maggiore partecipazione civile può ricevere solo un'ossigenazione salutare. Pertanto, al di sopra di vincitori e perdenti, va posta la vittoria della democrazia e della voglia popolare di darsi l'opportunità di migliori servizi e di più efficace governo del proprio territorio scegliendo di cambiare. 

Se così non sarà, pazienza, la prossima volta si potrà cambiare di nuovo. Ed è in questa ottica che dovrebbero andare le riflessioni analitiche dei dirigenti del Pd, oggi pubblicamente promesse per fare il punto delle ragioni che hanno determinato la mancata conferma del sindaco Mazzeo (Pd) e la vittoria di Basilicata (Pdl). Un'ottica costruttiva e di futuro. Un futuro anche prossimo e che ha il peso di diverse scelte consistenti: i referendum e quella del candidato sindaco del capoluogo sabino, dove l'anno prossimo si terranno le elezioni comunali. 

Scelte che hanno a che fare soprattutto con questioni di metodo: tra democratiche primarie e criteri meritocratici o quelle verticistiche ed improvvisate che da decenni fanno vincere la destra. Riguardo alla prova referendaria del 12 giugno, si dovrà scegliere su questioni considerevoli come il nucleare, il legittimo impedimento, la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, la privatizzazione della gestione idrica . Il Pd, principale forza della sinistra, ha il dovere e l'opportunità di assumere posizioni chiare su tali faccende e di indicare attraverso esse la propria identità di partito di sinistra moderna e riformista. 

Quale politica energetica si vorrebbe? Quale giustizia? Quale gestione si ritiene migliore per i servizi di rilevanza sociale, oggi affidate ad amministrazioni pubbliche e società partecipate? Cosa cambierebbe nella gestione dell'acqua con il passaggio dalle regole stabilite dalla legge Galli (ora in vigore) a quella del decreto Ronchi (che partirebbe dal dicembre del 2011) qualora il referendum fallisse a causa del non raggiungimento del quorum o dovessero vincere i No? 

Saper far tesoro delle sconfitte è un segno di sincera volontà di operare al meglio a favore della cosa pubblica. Per chi oggi ha perso, sinistra o destra che sia, si aprono interessanti ed utili percorsi di riflessioni, di crescita e di sana competizione di idee e proposte per risultare convincenti la prossima volta. Sempre che si considerino i trasversalismi opportunistici, la gestione privatistica della cosa pubblica, l' autoreferenzialità dei partiti (con relativa disattenzione verso il buon governo) e il voto ottenuto clientelarmente, vizi capitali da cui la politica deve e vuole emendarsi.