giovedì 4 agosto 2016

Titolo: Se Raggi unisce i sindaci

Chi lo sa se alla fine non si dovrà ringraziare la sindaca Virginia Raggi per aver prodotto un’insolita unità tra i sindaci del territorio sabino, domani in protesta nella Piana di san Vittorino, comune di Cittaducale, là dove le acque limpide e possenti delle sorgenti del fiume Peschiera s’infilano addomesticate da complessi meccanismi nelle tubature che le portano a Roma. Destino condiviso dalle altre sorgenti sabine, quelle delle Capore, comune di Casa Prota,  che ai romani forniscono acqua ed energia elettrica.

E chi lo sa quando avrà fine il lungo e accidentato contenzioso tra Ato3, organo provinciale a cui spetta la gestione del sistema idrico sabino e Ato 2, sostanzialmente Acea Spa, ovvero Comune di Roma e soci privati, il principale dei quali è il potente Caltagirone. Ragione della protesta è sempre quella di cui da anni siamo costretti ad occuparci: il “ ristoro”, ovvero indennizzo, dovuto alla Sabina per lo sfruttamento che Acea fa delle sue acque.  Un “ ristoro” mai corrisposto anche quando è stato deliberato da chi di dovere, la Regione Lazio, nel 2006.

Una vicenda senza pace quella della gestione di uno dei più grandi sistemi acquedottistici d’Europa. Pace che in uno stato di diritto dovrebbe derivare dall’applicazione del diritto, per l’appunto. Ma in questo strano paese che è l’Italia il diritto, esercitato da soggetti istituzionali, burocratici  e tribunalizi di varia natura, spesso finisce per fare l’interesse del più forte e del più prepotente.
E non fa eccezione la sindaca Raggi, paladina dell’acqua bene comune. Bene da sottrarre al mercato, per carità. Ad appena un mese dalla investitura, la prima cittadina, infatti, è  ricorsa al Tar per stoppare l’ultima delibera della Regione Lazio governata da Zingaretti . Una delibera che sembrava aver finalmente trovato un compromesso tra gli interessi dei diversi soggetti interessati alla  questione dell’utilizzo dell’acqua del Peschiera-Le Capore.

Ora, lasciamo perdere la contraddizione interna al M5S laziale, diviso tra le critiche sollevate dai Grilli “gridanti” ( a suon di maiuscole) reatini dopo l’annuncio della  delibera di Zingaretti  e la decisione di fermarla ricorrendo al Tar da parte della sindaca di Roma. Dopo l’annuncio della convenzione, infatti, i grillini reatini l’hanno definita “ emblematica” della scarsa considerazione in cui è tenuta la Sabina da parte della Regione Lazio. La nuova convenzione, infatti, ha stabilito un ristoro inferiore a quello deciso da quella precedente, del 2006, di 79 milioni di euro. Soldi mai arrivati.

Quello che oggi conta è che i 73 sindaci del territorio più frastagliato e diviso, non solo geograficamente, finalmente si uniscano per dire a Roma che la misura è colma e che la Sabina non svolge la gratuita funzione di servizio idrico della Capitale. Una Capitale che usa la sua acqua senza risparmio, privato e pubblico, considerando la quantità di fontane che l’abbelliscono grazie alle sorgenti delle montagne generose dell’Appennino reatino.

La sindaca della Capitale non vuole alienarsi la simpatia degli elettori aumentando le tariffe delle bollette che il “ ristoro” comporterebbe? Problema suo. Forse basterebbe chiedere ai romani di ridurre lo spreco dell’acqua e ad Acea di ridurre quello della gestione per evitarlo.  Se lo slogan “acqua bene comune” viene usato solo come retorica elettorale a lungo andare si mostra per quello che è: impostura e puro mezzo per acchiappare voti a sinistra, come con altri si acchiappano a destra con altre furberie.

Dall’acqua della Sabina, Acea, Spa pubblica e privata,  trae profitto e come. Un’altra grillina, Silvia Blasi, nel 2013, su segnalazione del M5S reatino, c’imbastì una interrogazione regionale ( ma le interrogazioni sono come i ricorsi al tar, non si negano a nessuno) dove ricordava, tra le altre cose, la portata del fatturato che Acea ottiene sfruttando le acque sabine, 450 milioni di euro. Alla faccia dell’acqua bene comune e non merce.  Cari sindaci dateve da fa’.